Memorie del 1976  -  Angelo di Verola


[ L'ANGELO DI VEROLA – Dicembre 1975 Anno I N°0 pagg. 07-11 ]
Prima omelia del nuovo Prevosto Don Luigi Corrini
Domenica 12 ottobre u.s., alle ore 16, il rev. don Luigi Corrini iniziava il servizio pastorale nella nostra comunità. Alla presenza di una grande folla che stipava la nostra basilica il nuovo Prevosto rivolgeva la sua prima omelia ai fedeli.

Fratelli, rendiamo grazie al Signore, poiché oggi si compie tra noi la sua Parola che ci ha fatto conoscere per mezzo dell'apostolo Paolo. " Poiché, infatti, nel disegno sapiente di Dio, il mondo con tutta la sua sapienza, non ha conosciuto Dio, è piaciuto a Dio di salvare i credenti con la stoltezza della predicazione... Dio ha scelto ciò che nel mondo è stolto per confondere i sapienti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è debole per confondere i forti, Dio ha scelto ciò che nel mondo è ignobile e disprezzato e nulla... perché nessun uomo possa gloriarsi davanti a Dio ".

Cari Verolesi, ho la consapevolezza che il Signore si è degnato di scegliere la mia persona per il servizio pastorale tra voi, unicamente perché attraverso i miei molti limiti emerga con più evidenza come Dio realizza il suo disegno di salvezza per l'uomo al di fuori dei criteri dì valutazione: umana; perché la salvezza appaia non come opera dell'uomo, ma iniziativa di Dio; perché nella mia debolezza sì manifesti con più evidenza l'opera e la grazia di Cristo.

Vengo tra voi volentieri, ma con molta trepidazione, come già vi ho scritto. Sento quanto stupenda sia la missione che sto per intraprendere ed avverto il timore di non saper vivere il mio servizio pastorale secondo i desideri del Signore e le vostre attese.

La parrocchia dì Verolanuova vanta grandi tradizioni religiose. E' una comunità che nella sua vita di fede ha espresso nobilissimi spiriti. Ho il dovere di ricordare qui i più recenti.

Don Arcangelo Tadini, fondatore delle Suore Operaie della S. Casa di Nazareth, impegnate un po' ovunque nell'opera dì servizio e di testimonianza evangelica.

Mons. Giacinto Gaggia, la cui figura di vescovo illuminato continua ad essere presente nella nostra diocesi.

Don Primo Mazzolari, verolese di adozione, il grande profeta della Chiesa preconciliare.

Ricordo i prevosti defunti don Francesco Manfredi e mons. Nicostrato Mazzardi, con il compianto curato don Marco, che hanno donato ai fedeli di Verola le loro ricchezze spirituali ed hanno dotato la parrocchia di servizi per il culto, per l'educazione e l'assistenza.

Sento il dovere di ringraziare questa comunità parrocchiale per il bene che da essa ho già ricevuto attraverso lo spirito eletto del verolese don Luigi Quinzanini che fu il mio parroco durante i miei primi anni di sacerdozio. E se la comunità ecclesiale dì Verolanuova continua ad esprimere e vivere la sua fede è certo per la testimonianza delle generazioni precedenti, alle quali va la mia e la vostra gratitudine, ma è pure per l'opera di coloro che recentemente hanno esercitato e tuttora esercitano il ministero pastorale tra voi.

La mia riconoscenza si unisce alla vostra nel ricordare il parrocchiato più che ventennale di mons. Pietro Faita, il cui zelo pastorale ha operato negli spiriti in misura che soltanto il Signore conosce, ma le cui opere esterne trovano nel decoro e nello splendore di questa stupenda basilica la loro sintesi più significativa. Contiamo di averlo ancora tra noi quale prevosto emerito di Verolanuova a celebrare la liturgia e a fare dono della sua illuminata parola.

Ringrazio don Angelo, espressione della fede di Verola. Tutti conoscono la sua opera in favore degli ammalati e degli anziani. In lui, conoscitore profondo delle tradizioni e delle famiglie Verolesi, faccio conto di avere il fratello maggiore che mi guiderà a conoscere la realtà della comunità religiosa e civile. A lui, degente in ospedale per un intervento chirurgico, va il mio e vostro augurio di pronta guarigione.

Il mio grazie a don Luigi, che da tredici anni con entusiasmo e competenza pastorale dedica il suo servizio sacerdotale alla nostra parrocchia. Gli sono riconoscente anche per l'opera di vicario economo svolta in questi mesi. Mi auguro di averlo vicino il più tempo possibile: ho bisogno della sua generosa e fraterna collaborazione.

Saluto don Dino, animatore dell'oratorio maschile. So quanto difficile sia la responsabilità di essere guida ai giovani in cerca di orientamento, coinvolti ed impegnati nei fermenti delle trasformazioni socio - culturali in atto.

Unisco nel ringraziamento le religiose e i laici che operano in parrocchia per fare della comunità segno credibile ed efficace di salvezza come il Signore l'ha voluta.

Vengo oggi a fare dono del mio sacerdozio a questa comunità parrocchiale. Porto con me i limiti della mia povera persona ma pure la grazia del sacerdozio, dono immeritato del Signore ed arricchito dalla fede delle persone e delle comunità cristiane con le quali ho condiviso la mia esistenza.

Non posso dimenticare chi facendomi dono della vita, mi ha educato alla fede, chi ha letto e ha saputo cogliere i segni della mia vocazione, e mi ha aiutato a maturarla; la comunità cristiana in seno alla quale sono stato battezzato e che mi ha sorretto nel cammino verso il sacerdozio; la prima parrocchia che mi ha offerto le gioie, tuttora vivissime nel ricordo, del mio primo ministero pastorale; la comunità parrocchiale dove si è maturato il mio sacerdozio, Leno, oggi qui largamente presente, degnamente rappresentato nella persona dell'Abate Emerito mons. Galli, la cui dolcezza pastorale rimarrà per me punto di riferimento e di ispirazione per il mio parrocchiato, mons. Giacomo Capuzzi attuale Arciprete Abate che mi è stato fratello carissimo, prima e soprattutto durante H suo primo anno di vita pastorale a Leno; i confratelli con i quali ho condiviso, in affetto, gli anni del mio sacerdozio.

Alla grazia del Signore, all'amore di queste care persone, alla fede di queste comunità parrocchiali, all’esempio di questi cari confratelli nel sacerdozio, io mi sento debitore perché di tutti sono l'espressione.

Non ignoro che il mio ministero parrocchiale ha inizio tra voi in un periodo in cui un nuovo modo di pensare e di sentire, una nuova coscienza dell'uomo, del mondo, della storia, stanno trasformando profondamente e rapidamente la cultura e si riflettono in modo più o meno consapevole un po' su tutti. Questi fenomeni culturali e spirituali, lo possiamo costatare, hanno intime e profonde ripercussioni sulla vita religiosa.

I vescovi italiani rilevando questo fenomeno scrivono: " Il pensiero e lo sforzo degli uomini si concentrano sempre più nella città terrestre e sempre meno nella città celeste. La religione non sembra corrispondere alle esigenze vitali degli uomini intenti a costruirsi un'autonoma ed efficiente "città secolare". Dio è per molti assente ed estraneo, mentre i segni della sua presenza vengono disattesi come inutili e incomprensibili.
La stessa parola di Dio, per molti, non evoca niente di preciso e dì definito. C'è chi pensa e scrive che l'umanità cammina verso un'era nella quale Dio potrà dirsi "morto nel cuore degli uomini ".
E noi, cari fratelli, sperimentiamo ogni giorno il dramma dell'uomo autosufficiente, sganciato da Dio, che presume di costruire la storia con i soli mezzi della scienza e della tecnica.

Ma l'uomo cosciente della sua grandezza e che fa l'esperienza di una libertà che vorrebbe sorpassare ogni limite e che sa dì avere in mano poteri quasi illimitati che gli consentono di cambiare la faccia della terra e di evadere verso altri mondi, urta ogni giorno contro nuovi limiti, nuovi confini, ha quasi paura di un mondo che è in suo possesso, ma che sente rivoltarsi contro di lui e sfuggirgli di mano.

Quest'uomo, l'uomo di oggi, sente soprattutto la miseria dei suo cuore, la cui ingiustizia riaffiora continuamente e non è estirpata né dalla scienza né dalla tecnica né dalle riforme politiche e dalle rivoluzioni. Quest'uomo che sente il limite invalicabile della morte, come espressione ultima dì tutta la sua situazione di peccato, che vive una storia di lotte e di sofferenze, si chiede se la vita abbia una meta, un senso, o se debba naufragare nell'assurdo e nel nulla.

Ebbene io vorrei ricordare a voi ed a me che nonostante la finitezza inguaribile dell'uomo, nonostante la malizia che sì annida nel suo cuore, la storia umana ha un senso, è una storia di "salvezza" e di liberazione, è la storia di Dio che prende l'iniziativa di chiamare l'uomo, ogni uomo, l'umanità nel suo complesso, l'intera creazione a partecipare ad una eterna comunione di vita con Lui.

Questa vicenda di salvezza e di liberazione, questo dialogo di comunione, Dio li realizza nel corso dei secoli per mezzo di segni sensibili, di avvenimenti e parole, intimamente connessi tra loro, sempre chiedendo la collaborazione attiva dell'uomo.

L'opera salvatrice e liberatrice di Dio ha la sua definitiva manifestazione e la sua piena realizzazione in Cristo Gesù Figlio di Dio, Verbo fatto carne, il quale rivela e spiega i segreti del Padre e porta a compimento la sua opera. Egli realizza ciò con tutta la sua vita e con tutta la sua persona, con la sua parola, con i segni e i miracoli da Lui compiuti, soprattutto con l'atto decisivo della sua morte e resurrezione.

In virtù di questo evento l'umanità è resa cosciente di quanto sia profonda la sua miseria a causa del peccato, ma da essa viene radicalmente liberata e redenta; le speranze e le attese umane assunte da Cristo, trovano in Lui, Signore della storia, una certezza incrollabile, da Lui ricevono l’impulso di una vita nuova.

Ma anche per gli uomini del nostro tempo, per noi, fratelli carissimi, è dato di conoscere, di sperimentare e vivere a contatto con l'opera salvatrice di Cristo.
Gesù ha mandato lo Spirito Santo per compiere la sua opera e l'azione dello Spirito è immensa e potente, raggiunge misteriosamente e realmente, nella misura della disponibilità, ogni cuore umano.

Per volontà di Cristo stesso lo Spirito Santo opera principalmente per mezzo di quella realtà umana, sociale e storica che è la chiesa fatta di uomini (gli Apostoli anzitutto), fatta di comunità concrete, di riti. Per questo motivo la Chiesa è chiamata sacramento di salvezza ". Essa è cioè una realtà di questo mondo; gli uomini possono vederla, conoscerla, partecipare alla sua vita, ma essa comunica e lascia trasparire una presenza misteriosa che la riempie con la sua ricchezza: la presenza dello Spirito Santo che compie l'opera di Cristo.

Di questa presenza la Chiesa è appunto il "Sacramento", cioè un segno e uno strumento: l'annuncia con la predicazione, la attua per mezzo dell'Eucaristia e dei Sacramenti, la vive e la fa vivere, per mezzo della carità a tutti i suoi figli, a tutte le comunità che la compongono. Comprendiamo ora come la chiesa riesce a realizzare, con tanta maggiore efficacia, la missione di salvare e di liberare l'uomo, affidatale da Cristo, quanto più vive in intima comunione con il suo Signore, si nutre della sua Parola e della sua vita nei sacramenti, è fedele ad esse e le riflette luminosamente nel suo volto testimoniando la carità che è incarnazione della Parola e frutto della vita sacramentale.

Tutto questo diventa esperienza di vita per noi, attraverso la comunità parrocchiale che, come è stato sottolineato nel bollettino distribuito in occasione della mia venuta, è comunità di fede, comunità liturgica e d'amore.

Si costruirà tra noi una comunità di fede nella misura in cui ci sarà disponibilità all'annuncio e sforzo di crescere nella comprensione della Parola di Dio, e questo sarà possibile per mezzo dell'azione dello Spirito Santo che opera nel cuore di ogni battezzato. Sarà, la nostra parrocchia, comunità liturgica quando noi, fatti figli di Dio mediante la fede, frutto della sua Parola, ci riuniremo in assemblea a lodare il Signore per tutte le meraviglie che compie fra noi, prendendo parte al Sacrificio e alla mensa del Signore. Quando celebreremo la salvezza che si compie per noi come dono di grazia attraverso i Sacramenti.

La nostra parrocchia sarà comunità di amore quando fatti esperti della vita di Dio vivremo l'impegno del servizio assumendo le nostre responsabilità dove Dio ci chiama a viverle: mettendo a disposizione dei fratelli, soprattutto dei deboli, i doni dei quali il Signore ci ha arricchito. E' in questo contesto, cari fratelli, che per noi si realizza la nostra salvezza, la liberazione alla quale aspiriamo dal profondo del nostro cuore.

Ed oggi il Signore, nella sua Parola che ci rivolge per mezzo del profeta Isaia, esprime il suo disegno e la sua volontà di inserirsi nella vita dell'uomo in maniera familiare, attraverso l'immagine di un banchetto splendido al quale tutti sono invitati: "Preparerà il Signore per tutti i popoli un banchetto di grasse vivande, un banchetto di vini eccellenti, di cibi succulenti, di vini raffinati ". Per noi che viviamo in un contesto di civiltà opulenta e ricca di beni, dove la possibilità di mangiare a sufficienza è una realtà scontata, per noi abituati all'anonimato delle mense e dei luoghi di ristoro riesce difficile capire la dimensione umana e spirituale del mangiare insieme. Quindi dice poco forse il linguaggio con cui il Signore vuole farci capire come Lui è vicino a noi e divide la sua vita con la nostra.

La cornice di festa vuole esprimere l'annuncio della nuova realtà che il Signore offre: la manifestazione di salvezza a tutti gli uomini, la fine delle paure e della minaccia di oppressione, di guerre con il corteo di dolori e di lacrime: " Il Signore - dice il profeta Isaia - strapperà il velo che copriva la faccia di tutti i popoli e la coltre che copriva tutte le genti. Eliminerà la morte per sempre; il Signore Dio asciugherà le lacrime su ogni volto; la condizione disonorevole dei suo popolo farà scomparire da tutto il paese, poiché il Signore ha parlato.

E si dirà: ecco il nostro Dio; in Lui abbiamo sperato perché ci salvasse; questi è il Signore in cui abbiamo sperato; rallegriamoci, esultiamo per la sua salvezza. "

In Cristo si è realizzato il progetto di Dio e la parabola del Vangelo di oggi è annuncio di speranza compiuta: tutti sono chiamati al Regno inaugurato da Gesù alla festa dello sposalizio tra il Figlio di Dio e l'umanità: tutti sono invitati, tutti senza distinzione buoni e cattivi. Agli uomini disponibili ed al renitenti risuona l'invito per mezzo del mandato dei servi del Signore: "Il banchetto nuziale è pronto, andate ai crocicchi delle strade e tutti quelli che troverete chiamateli alle nozze".

La preoccupazione del Signore è che si riempia la sala.

Fratelli, inizio oggi questo stupendo compito: annunciarvi la bontà di Dio che vuole essere a tutti i costi con l'uomo e liberarlo dai suoi limiti, dal suo peccato che è l'origine di ogni sofferenza, per ridargli fiducia e speranza.

L'immagine conviviale con la quale il Signore ripete oggi questo invito si realizza nell'Eucaristia alla quale noi tutti partecipiamo e che io per voi celebro.

Sento quanto tremenda sia per me questa responsabilità: essere costituito segno credibile delle realtà che vi annuncio e celebro.

Mi sia consentito esprimere questo mio stato d'animo parafrasando quanto S. Agostino diceva, come vescovo, ai suoi fedeli: " Mi è stato posto sulle spalle questo peso, di cui dovrò rendere un non facile conto a Dio, sempre sono tormentato dalla preoccupazione della mia responsabilità. La cosa più temibile nell'esercizio di questo incarico è il pericolo di preferire l'onore proprio alla salvezza altrui. Però se da una parte mi spaventa ciò che io sono per voi, dall'altra mi consola ciò che sono con voi. Per voi infatti io sono parroco, con voi sono cristiano. Quello è nome di un mandato che ho ricevuto, questo è nome di grazia. Quello di pericolo, questo di salvezza. Veramente ci sentiamo come in un mare immenso e come sbattuti dalle tempeste proprio a causa dell'incombenza affidataci ".

Fratelli, sono però tranquillo sulla parola del Signore: " Ti basta la mia grazia; la mia potenza infatti si manifesta nella debolezza ".

Mi affido alla materna protezione della Vergine Santa che celebriamo in questo mese come la Regina del Rosario. Lei, la Madre della Chiesa perché Serva della Parola, ci ha fatto dono del Verbo Incarnato, Cristo Sacramento del Padre, nella sua disponibilità di amore verso gli uomini. Mi dia, la Vergine Santa, la forza di vivere il mandato che oggi il Signore mi affida attraverso la volontà del Vescovo: un mandato che, come affermava Paolo VI ai sacerdoti da lui ordinati in Piazza S. Pietro il 29 giugno ultimo scorso, mi trovi capace di " ascoltare il gemito del povero, la voce candida del bambino, il grido pensoso della gioventù, il lamento del lavoratore affaticato, il sospiro del sofferente e la critica del pensoso ".

La carità della vostra preghiera, cari Verolesi e fratelli tutti, mi sia viatico nel cammino apostolico che oggi inizio nel nome dei Signore.

Verolanuova, 12 ottobre 1975

[ L'ANGELO DI VEROLA – Dicembre 1975 Anno I N°0 pagg. 07-11 ]


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