Sant'Arcangelo Tadini                                 Angelo di Verola
Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI
proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II


da, Sermones,
Archivio Suore Operaie, Botticino Sera

(AI: Sermones, ASO Botticino Sera)

Scritti e Omelie

UMILTA’

 

Omelia

 

Di una virtù ci parla in quest’oggi l’odierno Vangelo quanto nobile altrettanto disprezzata, quanto necessaria altrettanto sconosciuta io intendo dirvi qualche cosa in questa mattina dilettissimi fratelli. Di una virtù che sconosciuta prima al mondo intero, nacque in Nazareth e si perfezionò in Betlemme. Di una virtù che seppe compire il prezioso mistero della nostra salute. Di una virtù che attira sopra chi la esercita le grazie tutte e i doni di Dio. Di una virtù che è tanto necessaria all’uomo per salvarsi quanto è necessario il 5. Battesimo. Di una virtù che Gesù Cristo se la tenne sempre per sua prediletta e intorno alla quale lavorò tutta la sua vita mortale. Di una virtù che è il fondamento di tutte le altre non solo, ma anzi senza di essa non vi può essere vera ed assoluta virtù. Intendo dirvi alcun che di una virtù che cambia gli stessi vizi e difetti in suo vantaggio, per ingrandire chi la esercita, per renderne più facile la pratica. E qual è questa virtù. E’ la santa umiltà. Si, l’umiltà è virtù tutta propria del Cristianesimo, portata da Gesù Cristo sulla terra, da prima non si conosceva. E chi si vantava di esercitarla non avea altro che una fina superbia che figurava al di fuori per umiltà, ma nutriva e fermentava nel fondo del cuore l’orgoglio.

 

Molti facilmente s’ingannano nel giudizio che formano di questa virtù, facendola consistere in certe esteriorità, le quali sono piuttosto segni di umiltà, che l’umiltà stessa. Mi spiego: darsi a vedere non curanti d’onori e distinzioni, trattare gli altri con affabilità e cortesia, tenersi negli ultimi posti, parlare bassamente di sé medesimo, queste ed altre simili dimostrazioni si dicono atti d’umiltà se in essi si cerca internamente il nostro abbassamento; ma se con questi si mira a procacciarsi onori, non è più umiltà ma finissima superbia sotto le umili sembianze. S.Girolamo dice che molti sono gli umili d’apparenza, ma pochi i veri. Quanti che hanno tutta l’umiltà sulla lingua a sentirli son gran peccatori, son buoni a nulla, e affatto privi di sapere, di meriti e di abilità, ma fate un poco che taluno dica loro quello che essi dicono, e vedrete come s’adireranno. Ecco smascherata la loro falsa umiltà.

 

L’umiltà non è un’esterna dimostrazione ma bensì un sentimento interno dell’animo il quale può manifestarsi anche al di fuori ma ha la sua sede nell’interno, e quindi consiste nel conoscere la nostra bassezza e il nostro niente, e quindi desiderare d’essere disprezzati. Fintanto che noi crediamo d’essere qualche cosa non potremo mai essere umili. Bisogna adunque persuaderci che quelle tali prerogative che ci fanno insuperbire, o non le abbiamo, e se... non m quel grado, e se anche... non sono roba nostra. E qui la fede ci mostra che guardandoci da capo a piedi non troviamo nulla che possa lusingare il nostro orgoglio nulla ne all’ordine della natura ne in quello della grazia.

 

Nell’ordine della natura. Lo splendore della nascita, la ricchezza, i beni, la santità, l’avvenenza, il talento, tutto ci venne da Dio.

 

Nell’ordine della grazia. Le virtù, i meriti e le opere buone sono doni di Dio, senza il cui aiuto non siamo capaci di concepire un buon desiderio, di formare una buona risoluzione e di avere tampoco un buon pensiero.

 

Qual motivo abbiamo pertanto d’insuperbirci se del nostro non abbiamo che l’ignoranza, la malizia, la debolezza ed il peccato in quanto all’anima, in quanto al corpo il fango e la polvere. Quale assurdità gloriarsi di ciò che non è nostro, e quale ingiuria a Dio. E perché non desidereremo d’essere disprezzati, che in allora si opera secondo giustizia?

 

L’umiltà adunque consiste nel riconoscere tutto da Dio, nel diffidare sempre di noi medesimi. Hai tu proprio deciso, diceva Sant’Agostino a sé medesimo, di volerti far santo e salvarti? L’edificio è lato, imponente la fabbrica, e ad imitazione del bravo architetto, profonde ne devi gettar le fondamenta, e sodo devi cercar il terreno. Che se mi domandi qual sia il primo fondamento, io ti rispondo che è l’umiltà, e se mi chiedi il secondo, ti ripeto l’umiltà, e se il terzo e se cento volte me lo chiedi, io batterò sempre lo stesso chiodo e dirò sempre l’umiltà. (Sì, datemi un uomo umile e vi do un santo. Come il superbo non è altro che un tizzone acceso, che andrà a consumarsi nei bruciori eterni dell’inferno; così l’umile è un fior peregrino e odoroso che verrà trapiantato da questa terra per poggiare sul seno di Dio. Che cosa può mai fare l’umile che non piaccia sommamente a Dio). E già bisogna pur dire che l’umiltà sia una virtù al sommo necessaria se Gesù Cristo nell’odierno evangelo la mise per condizione indispensabile per salire al Cielo. Qui se umiliat exaltabitur. L’umiltà ci solleverà a Dio ci esalterà nello splendore della gloria. Oh grande virtù, bella umiltà! Fortunata quell’anima che ti possiede, ella ha un gran pegno di predestinazione, ella ha in mano la chiave del cuore e delle porte del Paradiso.

 

E qui sono costretto a dirvi che quanto è bella questa virtù, altrettanto è trascurata, quanto è necessaria altrettanto non conosciuta. Mettiamoci dunque ad istruirci su questa grande virtù, vedendo prima di conoscere chiaramente che cosa sia questa umiltà, e poi di mano in mano toccarne i pregi e distinguerne i gradi.

 

Ragionandosi di umiltà la gente crede che sia questa una virtù da lasciare ai perfetti, da chiuderla nei chiostri, che sia una virtù di puro consiglio, e non necessaria alla salute. Ah miei cari, se noi la pensiamo così siamo ingannati, bisogna disilludersi: senza umiltà non si entra in Cielo, ella è virtù indispensabile per chi vuol essere cristiano, vale a dire seguace di Gesù Cristo: Figliuoli miei, dice Gesù Cristo nel Santo Evangelo. discite a me quia mitis sum et humillis corde. E un giorno che avea intorno a sé vari bamboli e li accarezzava disse chiaro: Figliuoli se voi non vi farete umili come questi bambini, voi non potrete aver parte nel mio regno. E notiamo che non parla di consigli o di cose migliori, ma dice non intrabitis. E la sentenza con la quale chiude Gesù Cristo la parabola che si legge nel Vangelo della presente domenica. Qui se umiliat exaltabitur, et qui se exaltat humiliabitur, non è abbastanza chiara a far conoscere l’indispensabilità d’una tale virtù? Poiché quale è mai questa esaltazione che toccherà agli umili, a quale avvilimento andranno soggetti i superbi? Certo anche a questo mondo alcune volte gli umili sono esaltati e i superbi sono umiliati, oh ma i premi e i castighi di questa vita non sono che una pallida immagine, una smorta figura dei premi e dei castghi dell’altra vita.

 

No, non è questo lo scopo di Gesù Cristo nell’odierno Evangelo d’insegnarci a schermire una confusione o procurarci un applauso mondano, che a nulla giova, ma è di premunirci a riparare preventivamente l’eterno avvilimento che toccherà ai superbi e meritarci quella gloria eterna che è preparata soltanto agli umili. Qui se umiliat exaltabitur. Umiliarsi adunque, o miei cari, confondersi nel nostro nulla, nella nostra miseria è assolutamente necessario se vogliamo avere parte felice alla gloria eterna lassù in cielo. Questa verità sarebbe bene la meditassero certe anime che si credono montare in cielo a furia d’inconcludenti devozioni, e intanto colla riputazione di divote, si fanno lecito di criticare, sentenziare, come giudici di tribunali.

 

A questa verità non vi badino soltanto i superbi che per loro è già pronunciata la sentenza; qui se exaltat umiliabitur, ma anche certe anime date ad alcune pratiche di devozione, cui basta una paroluccia per offenderle, e non son capaci di sostenere qualche cosa che umilia un po’ l’amor proprio (poiché come è possibile pregare mancando il sentimento dell’umiltà). I superbi non avranno il Paradiso, ma se non ci umilieremo come sara possibile essere esaltati? L’umiltà è il fondamento di tutto. L’umile ha in mano la chiave del cuore di Dio e può ottenere tutto quello che vuole. Oratio humilis penetrat coelos. La preghiera dell’umile monta al mio trono cosi gradita che mi fa violenza al cuore e mi costringe ad aiutarlo. E Davide ne era sì sicuro che dal fondo di sua miseria ripeteva. Cor contritum et humiliatum Deus non despiacies: No, no o Signore tu non disprezzi il cuore dell’umile. E la vediamo l’immensa bontà che Gesù adoperava, con quelli che umili ricorrevano a Lui, per essi mai una parola di rimprovero, dimenticava in un tratto tutti i loro peccati, li colmava subito di carezze, faceva loro tanta festa da ingelosirne gli stessi giusti. E la Maddalena e Zaccheo e il Buon ladrone poteano essere accolti meglio se fossero stati giusti? Quanta bontà, quanta tenerezza, non un uomo solo che fattosi a Gesù con umiltà ne abbia avuto un rimprovero; Oh no i rimproveri sono riservati ai Farisei a quella gente orgogliosa piena di se, per costoro pare che il Cuore di Gesù si cangi e la sua mano li respinga sdegnosamente.

 

Certo dice San Francesco di Sales, si guadagna assai più con un po’ di umiltà, che con molte altre cose. Un giorno Santa Geltrude, sentiva dentro una certa pena; dovea accostarsi alla santa Comunione e non era capace di mandare avanti un po’ d’apparecchio, era angustiata e si umiliava davanti a Dio; e il Signore le disse: Geltrude tu mi hai reso più gloria colla tua umiltà, che colla tua divozione, ed io gradisco meglio l’omaggio del cuor umile che dell’anima fervente. Ah si, gli umili piacciono sommamente a Dio, epperò egli volentieri si abbassa con loro, ad essi versa i suoi tesori; quanto più l’anima diventa vile davanti agli uomini, e tanto più diviene grande agli occhi di Dio. Non c’è pericolo di eccedere in questa virtù, immaginate una porta che abbia l’architrave assai bassa, chi all’entrarvi si china troppo non perde nulla ne incontra disgrazia alcuna, ma se fa grazia a chinarsi, non mancasse che un dito solo, dà nella trave e si rompe il capo; la porta del cielo dice Gesù Cristo è angusta molto, conviene darsi dentro a capo chino e dimesso, e quanto più l’uomo si umilia, tanto più è sicuro di potervi entrare. Che se dunque questa santa umiltà è si necessaria per salvarsi, che non è solo virtù di Religiosi ma di tutti i cristiani, se tutti dobbiamo esercitarla che cosa è? L’umiltà è una virtù che ci fa pensar di noi con giusto criterio.

 

Dentro di noi abbiamo tutti chi più, chi meno un po’ di buono, un po’ di cattivo. La superbia ci rappresenta dinanzi quel po’ di bene che abbiamo, e tenendo con una mano nascosti i difetti, e coll’altra guarda quante belle doti possiedi, e ce le ingrandisce ed esalta come fossero roba nostra e non doni di Dio. Così ingannato l’uomo s’esalta, s’invanisce e pretende riguardi, disprezza gli altri, si vanta. L’umiltà tiene invece un linguaggio più sincero coll’anima, e le spiega la cosa tale e quale è difatti: guarda le dice, tu hai pure quella dote, ma hai pure anche questo e quell’altro difetto, la dote non è cosa tua, ma è dono di Dio, e quel difetto è proprio frutto del tuo orto, e l’anima scorgendosi così povera, o per lo più ricca di roba altrui perde la voglia d’insuperbirsi, e dice con intima persuasione del cuore io sono un nulla, son proprio niente.

 

Da questo voi potete intendere che ad essere umile non è bisogno di fingere con noi medesimi miserie e peccati, che la virtù non si appoggia su false idee, ma sopra fatti veri e reali: l’umiltà non vuoi altro che farci conoscere quali siamo realmente davanti a Dio; non vuol altro che noi senza illudersi senza ingannarsi abbiamo a pensar giustamente.

 

Sentendo stamattina dire che è necessario riconoscere la nostra miseria, e quindi lasciata ogni pretesa permettere d’essere tratta per quel che siamo, ad alcuno sarà venuto pensiero che queste sono cose da pulpito, ma che per stare al mondo occorre ben altro. Essere umile non vuoi dire essere sciocco, vile, paura e viltà son vizi, umiltà virtù. Per vivere nel mondo sarà necessario crederci quel che non siamo? Ma già gli umili sono derisi Ma non fu cosi anche Gesù Cristo e chi vuol seguirlo bisogna sia disprezzato (mettete uomo che sembri bestia. Confrontiamoci. Cristiano si vanta bellezza, ma non è sua, altro fortezza ecc., altro scienza, altro ricchezze, altro nobiltà, ma non sono tutti doni di Dio, se non te li dava come li avresti. Se ci faceva nascere così che cosa avremmo fatto.

 

Ma così non si diventa buoni a nulla. Oh questa è grossa, chi si fida di Dio, buono a nulla? Le opere grandi si fanno dagli umili, i superbi.... Davide non conosce orgoglio, ma come è forte! La fortezza di Davide poggia sull’umiltà.

 

E ma che fanno gli umili:

  1. Prigioni, ospitali, poveri.
  2. Missioni, gettarsi ai barbari, sangue per civilizzare.
  3. Istruire sordomuti, raccogliere trovatelli.
  4. La lista dei più grandi benefattori dell’umanità sono umili:

Camillo Lellis ospitalità. Roma. Carlo Borromeo, peste Milano, il Padre Maurizio di Brescia. Vincenzo de Paoli, galere, bagni, prigioni, orfane, trovatelli, invalidi, perdute, tutte miserie trovarono ricovero nell’umiltà. Eppure questo Vincenzo era un bigotto colla corona, confessione, confessione tutte le settimane, e avea tanta umiltà presentatosi uomo ad insultarlo era si persuaso del suo nulla che lo ascoltava senza badare, e quando disse pareva impossibile far presidente un poltroniere, e questa è pure mia meraviglia. Una donna per ottener limosina gli diceva che fa serva a sua madre. Ma se era serva essa medesima. Questa era umiltà? Vincenzo è tra i più umili e i più benefici dell’umanità. E gli umili sono buoni a nulla.

 

Nelle pubbliche calamità di pesti, chi si fa innanzi Manzoni nella peste Milano, unica speranza era il cardinale Federico che a capo chino ecc. e nel Lazzaretto ritrovare umili. E cari miei quando si tratta di dover far sacrifici, aver delle noie specialmente se restan nascoste, eh vi voglion altro che superbi. Sui caffè, sulle gazzette si grida, si grida popolo, popolo, ma chi raccoglie i mendici, le povere orfanelle è sempre l’umile. Esso perché non cerca la gloria del mondo fa poche parole ma opera: i superbi invece che voglion farsi credere gran ché, ciance ciance e fatti pochi. Dunque umiltà è necessaria, utile, opera grandi cose, facciamocela nostra, procuriamocela.

 

AI: "Sermones", ASO Botticino