RIFLESSIONI SUL SANTO NATALE
Omelia
A differenza di tutti gli altri bambini che non
possono fissare il luogo della loro nascita, Gesù se Io scelse e molti anni prima Io fece
predire dai Profeta Michea: Betlemme. Questa predizione ci reca grande meraviglia: e come
può non esser tale mentre tutti sappiamo che a Nazareth e non a Betlemme fu annunziato il
grande mistero dellincarnazione, che a Nazareth e non a Betlemme abitava la
fortunata donna che doveva darlo alla luce? Come poteva dunque avverarsi questa profezia,
come compirsi questo vaticinio? Nelle mani del Signore tutto è grande, tutto è sublime.
Aveva in quel tempo Cesare Augusto,
imperatore romano, emanato un editto col quale comandava che tutti i sudditi
dellimperatore si portassero alla capitale, alla città da dove traevano origine per
dare il loro nome. Questo comando colpiva anche i Santi Sposi Maria e Giuseppe, e siccome
discendevano entrambi dalla stirpe di Davide che era di Betlemme, così essi dovettero
portarsi in questa città per darvi il loro nome Sorpresi dalla notte, non avendo ormai
più tempo di ritornare a Nazareth si diedero a cercare alloggio per Betlemme; ma mentre
per i ricchi e i grandi della terra erano preparati grandi palazzi, ricche sale, per la
Madre di Dio e per il suo custode non vi era dove posare capo.
Preoccupati e dolenti dovettero mettersi in
viaggio, uscire dalla città e ricoverarsi in una stalla; qui si compì il tempo per il
quale Maria doveva dare alla luce il suo Divin Infante e in quella notte stessa nacque al
mondo Gesù: il Salvatore del mondo. E quale grande nuova ammirazione! In quale condizione
si mostra al suo regno il sovrano dominatore delluniverso! Attorno a lui non ha che
un semplice artigiano e una povera donna occupata a coprirlo con fasce. Il suo palazzo
consiste in una stalla sordida ed infetta, ed invece di assidersi sopra un trono giace
sopra una umile mangiatoia.
Ma, perché o Signore non compariste al
mondo quale possente monarca, circondato di splendore, rivestito di maestà? Perché non
sceglieste come madre una regina della terra, e come vostro custode un grande del mondo?
Oh Gesù mio io vintendo. Vi siete fatto accessibile a tutti nascendo in una capanna
e qui con la più amorosa abiezione preparaste per le nostre povere anime
unaccoglienza degna della misericordia di un Dio venuto proprio tra noi per la
salute di tutti.
Ah miei cari corriamo tutti, corriamo a
Betlemme, corriamo alla scuola di Gesù col sincero desiderio di approfittare dei suoi
insegnamenti. In queste sere che precedono la sua comparsa soave nel mondo, affacciamoci
assidui alla culla di questo divino Infante ansiosi di imparare da lui la via che sicuri
ci conduce al cielo.
E voi o buon Maestro, dateci un cuore
attento e pieno di fede affinché vi ascoltiamo; un cuore umile e docile affinché pronti
ai vostri voleri facciamo qui in terra sempre la vostra volontà, per avervi in cielo
nostra consolazione e nostro premio.
Appena nacque il Salvatore, appena si
compì il grande Mistero dellincarnazione del Verbo, il cielo subito venne a
rivelarlo alla terra. Un angelo appositamente mandato da Dio agli uomini porta una notizia
sì straordinaria. Ma a chi annunzia per primi questo grande avvenimento?
Andrà forse nei palazzi di Betlemme a
scuotere il sonno dei grandi dei secolo, usciti come Gesù dalla stirpe di Davide, e
recherà ad essi lannunzio che dal loro sangue è nato il Salvatore? Andrà egli a
trovare i maestri in Israele, i dottori della legge e accennerà loro che è finalmente
compiuta lattesa delle genti, e che, nel tempo segnato dai profeti, il liberatore
dIsraele sì sovente promesso e tanto desiderato per sì lungo tempo è ora
comparso? Non già, ma uomini semplici e grossolani, che con la custodia dei loro gregge
sostentavano meschinamente la vita, questi sono quelli che la divina Provvidenza scelse a
primi contemplatori di tale avvenimento. A questi poveri e semplici pastori, prima
dogni altro, gli angeli scesi apposta dal cielo fanno sentire quel dolce comando: "andate
a Betlemme". Questo per indicare a noi che per essere ammessi alla scuola di
Gesù bisogna avere un cuore semplice e distaccato dalle cose della terra.
E infatti la semplicità quello che
rende luomo veramente grande. La semplicità quella che adorna di nuovo pregio le
virtù, quella che aggiunge ai sommi ingegni nuovo splendore. E per la semplicità
appunto che questi poveri uomini meritano di poter essere i primi a attirare sopra di sé
gli sguardi dei cielo. Gesù li chiama a sé con trasporti damore, vola alle loro
braccia, riceve i loro affetti, si lascia abbracciare, baciare e in essi trova le sue
delizie e le sue consolazioni.
Oh Gesù caro noi vi intendiamo,
laffetto disordinato alle ricchezze, ai piaceri e agli onori del mondo è come uno
spinaio che soffoca nel nostro cuore il seme prezioso della vostra santa parola. Che
faremo noi miserabili che ci vediamo sì pieni di attacchi terreni? Ah Signore noi non
potremo che istantaneamente pregarvi con SantAgostino: "bruciate, tagliate
tutto ciò che in noi vi dispiace e mette ostacolo al vostro santo amore, distaccateci dal
mondo amareggiando tutti i suoi diletti, deh fate insomma che noi abbiamo a sentire il
bisogno di rivolgerci a voi, perché sciolti da ogni legame damor terreno, siamo
disposti e pronti a seguire i vostri divini insegnamenti."
Prostriamoci adunque con la faccia per
terra e domandiamo a questo nostro buon maestro una vera umiltà e semplicità di cuore.
Baciamo la soglia beata di questo umile presepio e qui, prima di passare innanzi,
deponiamo ogni pensiero di propria stima, ogni desiderio ed ogni amore di lode, di
comparsa, di fasto e preghiamo Gesù che per la sua infinita misericordia ci renda quali
dobbiamo essere prima daccostarci alla sua culla: cioè compresi dei sentimento del
nostro niente, della nostra miseria e dei bisogno estremo che abbiamo di essere istruiti
da lui.
E voi o caro Gesù, mandateci per
carità un raggio del vostro lume che ci faccia capire bene chi noi siamo e chi voi siete,
a ciò possiamo amare voi e odiare noi stessi; in questo consiste la vera scienza della
salvezza, che voi venite ad insegnarci.
Poniamoci o cari a considerare, in
questa sera, attentamente la povertà di Gesù. E questa sia la prima lezione che noi
impariamo dallamabile Maestro e Bambino. Chi direbbe mai al vederlo in sì meschino
albergo, ricoperto appena di poveri panni, mal difeso contro i rigori della stagione, chi
direbbe che Egli è il Re dei re, ed il Signore dei dominanti? Come riconoscere in questo
stato di miseria e di abiezione il Sovrano dominatore delluniverso, il Re della
gloria, lEnte supremo al cui cospetto tutti gli altri esseri sumiliano e si
annientano? Non poteva egli nascere in un
luogo meno disagiato? Avere, nascendo, quel
che non manca ai più poveri... un tetto che lo ripari, un po di fuoco che lo
riscaldi, una culla su cui adagiarsi? "Le volpi hanno le loro tane, gli uccelli hanno
i loro nidi; ed il Figlio delluomo non ha dove posare il capo." Ma e perché
tutto questo? Vedeva bene Gesù Cristo di quanto ostacolo ai conseguimento dei Paradiso
sarebbe stato per le anime nostre io sregolato amore dei beni presenti, ci volle dare
lesempio di una povertà, di uno spogliamento così universale, così che, almeno in
parte, imitandolo arrivassimo a conseguire i beni eterni. Oh quanto ci dobbiamo confondere
nel vedere lamoroso Salvatore ridotto in questo stato!
La nudità, lo squallore, la miseria che lo
circonda ci tuonano al cuore quei "guai" terribile che egli ha minacciato
a coloro che vorranno mettere la loro consolazione nelle cose dei mondo; quella nudità e
quella miseria ci predica di tenere il cuore distaccato da tutto perché possiamo
liberamente servirlo ed amarlo. Quella miseria ci dice che sono beati i poveri di spirito
perché di loro è il Regno dei Cieli ... Difatti che
cosa è mai davanti a Dio tutto lo splendore della terra? La ricchezza o la miseria, lo
splendore o lumiliazione, sono un nulla davanti a Lui. Egli stima più la povertà
che tutte le ricchezze del mondo, come dice San Paolo "ogni cosa di terra io stimo
fango e sozzura per guadagnarmi Gesù Cristo." li santo profeta Davide considerando
con profetico lume la povertà di Gesù Cristo uscì in questa bella esclamazione: " Beato chi ha cura del mendico e del povero".
Dateci lume o Bambino amato affinché
intendiamo la lezione salutare della vostra estrema povertà e fateci capire bene come
dobbiamo imitarla nelle circostanze particolari della nostra vita... Sentite o Gesù mio
quel che proponiamo di fare e benedite con la vostra grazia questi nostri proponimenti.
Per amore alla vostra santa povertà noi ci studieremo di servire gli altri in quel che
potremo; ci mostreremo sempre contenti di tutto ricevendo tutto come elemosina dalla
benefica mano della vostra Provvidenze, senza desiderare né più né meno di quello che
ci darete voi. Non permettete mai che il falso splendore delle prosperità terrene ci
abbagli e ci faccia perdere di vista la strada che guida al cielo. Imprimeteci bene nel
cuore che i beni del mondo non sono beni per noi se non in quanto ci possono servire a
guadagnare altri beni non caduchi, mediante le buone opere di carità.
Immaginiamoci o cari di vedere il Divin
Pargoletto tremare di freddo su poca paglia; immaginiamoci che Egli ci stenda la fredda
sua manina per chiederci qualche soccorso. Ditemi, non vi sentireste forzati a spargere
anche tutto il vostro sangue per sopperire al minimo dei suoi bisogni? Orbene in questa
sera il Bambino Gesù ci domanda che noi abbiamo a sopportare in pace la povertà che a
Lui piacque di mandarci, che labbiamo a sopportare per amor suo.
Si, o divino In fante, noi dora
innanzi stimeremo e adoreremo col più profondo ossequio dello spirito la vostra santa
povertà, proponiamo di cercarla più che potremo in noi stessi, di rispettarla,
compatirla e soccorrerla nei poveri che la rappresentano.
Consideriamo, in questa sera, la
promessa che Gesù fa a quelle anime che avranno imparato dal suo esempio lamore
alla povertà e ai poveri. Giacché il santo Profeta Davide dopo di aver detto "Beato
chi ha cura del mendìco e del povero" aggiunge: "nel giorno cattivo lo
libererà il Signore". Cosa sia questo giorno cattivo tutti lo intendiamo, i Santi ce
lo dissero più volte, è il giorno della morte e per questo giorno appunto il Signore
promette la sua speciale assistenza. Si vede proprio non esservi cosa che renda tanto
tranquilla e consolante la morte, quanto il distacco sincero dalle cose del mondo e
lesercizio costante delle opere della misericordia. Queste ispirano allanima
una gran fiducia nella bontà di quel Dio che deve essere nostro giudice avendo egli
promesso dusare misericordia ai misericordiosi. E il distacco da ogni cosa terrena
ci libera anticipatamente dal maggior affanno che rechi la morte, cioè il dover lasciare
tutto. Conviene dunque privarsi volentieri di qualche cosa per amore di Gesù.... Fosse
pure una cosa assai cara allamor proprio, come quellornamento, quel comodo,
quel diletto, per averlo propizio nel giorno terribile della morte.
Verrà presto o cari per tutti lora
della morte, per alcuni di noi questa è lultima novena del Natale, è lultima
volta che trattiamo Gesù come Bambino. Presto lo dovremo vedere coi nostri occhi giudice
severo, presto lo dovremo sentire pronunciare quella irrevocabile sentenza o di condanna o
di premio eterno. Questo spaventevole istante verrà per me e verrà anche per voi. Certo
molti di noi lanno venturo non ci saranno, passati da questa allaltra vita
avranno già abbandonato il mondo, saranno entrati nelleternità. Pensiamo o cari,
riflettiamo seriamente. La morte ci sta sempre davanti e noi vi andiamo sempre più
avvicinando... E allora che faremo dei beni della terra? Ah, quante più saranno le cose
da noi amate in vita, tanti più saranno i nostri tormenti in morte. Gran dire! Tutti i
beni del mondo non potranno allora servire ad altro che a affliggerci: e noi ci affanniamo
tanto per averli?
Benedetta la povertà del mio Gesù che fa
beato il cuore! Intendiamolo adunque che è una vera pazzia lamare i beni presenti:
Gesù solo è un bene vero, un bene eterno. Se attenderemo ad amare Lui solo ci sentiremo
felici nel stringerlo povero e crocifisso per amor nostro sul letto di morte e benediremo
il momento in cui, per grazia di Gesù, ci saremo distaccati da ogni cosa terrena.
Benediremo le privazioni che avremo fatte per soccorrerlo nella persona dei poveri, e con
una ineffabile speranza ci prepareremo ad udire da Lui quelle consolanti parole:
"venite o benedetti dal Padre mio, venite a possedere il Regno che vi è preparato,
poiché io ebbi fame e voi mi deste da mangiare; ebbi sete e mi deste da bere." Che
invito di Paradiso! O Regno eterno! Merita bene di essere guadagnato, con la perdita
dogni caduco bene del mondo.
Alla nascita di Gesù Salvatore gli angeli
del Paradiso, a schiere, a coppie discesero sulla terra per invitare gli uomini a far
festa, a rallegrarsi per un sì fausto avvenimento. Ma in mezzo al comune tripudio Gesù
solo nel silenzio di una spelonca sospira e piange. Qual è il motivo di queste lacrime?
Ecco che Gesù stesso ce lo dice per bocca del suo Profeta: "il mio dolore è sempre
innanzi a me". Senti o anima cristiana? Gesù non può togliere lo sguardo dal quadro
doloroso delle umane ingratitudini e piange per dolore e compassione di noi miserabili.
Gesù ha sempre presenti allo spirito tutti i peccati, piange la perdizione eterna di
tante anime, piange le loro segrete miserie... gli errori e le passioni che le accecano, ... i piaceri e le tentazione che le seducano, i pravi abiti che le
trascinano allinferno. Gesù piange al vedere il disprezzo della sua legge e della
sua grazia, la dimenticanza dei beni eterni, lamore disordinato alle cose presenti,
limpero del peccato e del demonio, ... la falsa
pace nella quale viviamo, sebbene peccatori, sebbene ì bisognosi di penitenza e di
lacrime per ottenere misericordia! Ma forse Gesù vede in noi anche al presente qualche
cosa che lo fa piangere. Ah, forse noi stessi siamo la più amara cagione delle sue
lacrime e del suo dolore.
Si fa piangere Gesù commettendo
il peccato, o mettendosi nelloccasione prossima di commetterlo. E avremo cuore
ancora di far piangere Gesù? E non ci risolveremo a finirla una buona volta col peccato?
Ah se le lacrime di Gesù non ci commuovono, diciamolo pure, pure noi abbiamo in petto un
cuore di macigno e dobbiamo temere di essere caduti nella più terribile ostinazione di
peccato. Se così fosse, quanto maggior bisogno avremmo della misericordia del santo
Bambino, quanta necessità di pregarlo perché lasci cadere la rugiada celeste delle sue
lacrime sullarida terra del nostro povero cuore, affinché si intenerisca alla vista
delle sue pene. Laspetto duna persona afflitta e piangente muove naturalmente
a pietà e desiderio di poterla in qualche modo consolare. E noi non sentiremo il
desiderio di consolare Gesù? Farlo cessare dal piangere e asciugare le sue lacrime? Sono
i nostri peccati e i peccati di tutti gli uomini che lo fanno piangere e penare: lo
sappiamo.. e perché non vorremmo dunque detestare e odiare questi maledetti peccati,
fuggire le occasioni che ce lo fanno commettere?
Sì, o amabile Gesù, noi ve lo
promettiamo questa sera qui davanti a voi, e la nostra promessa la manterremo a qualunque
costo. Dovessimo perdere la vita, noi non vi faremo spargere lacrima alcuna per
lavvenire. Ci prostreremo nelle prossime feste ai piedi del vostro Ministro e là
dolendoci di vero cuore domanderemo perdono di tutti i nostri peccati e di quelli ancora
che furono commessi dagli altri per colpa nostra. E voi, o amabile Redentore, fate che
unendo le nostre lacrime alle vostre esse valgano a cancellare tutte le nostre
ingratitudini, e renderci mondi e puri agli occhi vostri.
Oh! Quale consolazione sarà per noi il
poter dire con San Tommaso: "Divin Bambinello abbracciatemi affinché noi
piangiamo insieme. Voi per amore verso di me, io per amor vostro. Voi mi convertirete e io
vi possederò; voi vi consolerete con me e io mi con foderò con voi."
Oh quale dolcezza, qual bene!
Bandite dunque da noi, caro Gesù, tutti
i fallaci godimenti della terra, affinché sospirando e piangendo in questa vita meritiamo
la bella sorte di vedervi e possedervi per tutta leternità.
Mancherei ad una grande necessità, mi
parrebbe di fare un insulto al Dio Bambino se lasciassi passare questa sacra novena in
preparazione alla solennità del Natale, senza dirvi almeno due parole sopra la potenza e
insieme la dolcezza del nome di Gesù. Purtroppo lo sento, io sono incapace, fallirò
certo nel mio intento. Ma e perché non ho io la lingua dun serafino per lodare ed
encomiare questo sì gran bel Nome? Perché non ho io la mente ed il cuore e
lingegno capace di tributargli quellomaggio eterno di riverenza che gli si
conviene? Gesù! Oh Nome sopra tutti i nomi degno solo di Colui che lo porta! Questo è il
nome augusto dellUnigenito Figlio di Dio, nome che merita perciò riverenza e onore,
esso è la letizia degli angeli ed il terrore
dellinferno. Al suono di questo santo
Nome, ogni ginocchio si piega nel cielo e negli abissi. Oh potenza, oh grandiosità di
questo nome di Gesù che è il nome di un Dio Salvatore! Nessun altro al mondo potrà
essere degno di un tal nome, poiché nessuno potrà mai fare quello che ha fatto Gesù.
Dacché Adamo con la sua disubbidienza si
ribellò a Dio, le porte del Paradiso si chiusero e più non si sarebbero aperte se Gesù
non avesse patito. Noi eravamo schiavi del demonio, condannati alla pena eterna
dellinferno e nessuno fuorché Dio stesso poteva cancellare questo terribile decreto
con una soddisfazione adeguata. Se tutte le creature si fossero poste mediatrici di pace
fra Dio e luomo, non avrebbero potuto ottenerci il perdono. Se tutti gli spiriti
beati si fossero offerti in sacrificio despiazione per noi, non avrebbero potuto
placare la divina giustizia giustamente sdegnata contro di noi. Per salvarci ci voleva
Gesù: cioè un Salvatore divino che prendesse sopra di sé il carico dei nostri peccati e
si assoggettasse a pagarne la pena. Oh la possanza adunque del nome di Gesù.
Andavano al tempio gli apostoli Pietro e
Giovanni per farvi orazione ed un certo uomo infermo dalla sua nascita stava alla porta
del tempio domandando elemosina. Vedendo entrare Pietro e Giovanni stese loro la mano
sperando di ricevere qualche cosa. Ma Pietro disse "io non ho né argento né oro,
quel che ho te lo do." Lo prese per mano e gli disse. "Nel nome di Gesù alzati
e cammina." Si rassodarono le sue gambe e saltando entrò nel tempio lodando
lonnipotenza del nome di Gesù. Ed era ben giusto poiché egli in forza di questo
Nome Santissimo aveva ottenuto la salute, e noi cristiani salvati per virtù di questo
Nome cosa faremo? Noi dobbiamo aver viva confidenza in Gesù, domandare e sperare tutto
per i meriti di Gesù. Quando ci sentiamo tentati invochiamo Gesù, quando ci vediamo
deboli ed afflitti chiamiamo Gesù. Ogni pensiero della nostra mente, ogni palpito del
nostro cuore, ogni respiro della nostra vita porti questa dolce impronta "viva
Gesù". Esso sarà quanto il dire: "Viva il Padre, viva lAmico,
viva lo Sposo dellanima!"
Misuriamo infatti laltezza e la
gloria del dono di Dio e insieme la distanza infinita che cè tra Lui e noi poveri
vermiciattoli della terra, e poi pensiamo che un Dio sì grande per essere nostro
Salvatore ha dovuto abbassarsi alla forma di Servo. Non basta: "si è fatto
obbediente sino alla morte e alla morte di Croce" cioè alla morte più obbrobriosa
che ci potesse essere. Non basta ancora: si è quasi annientato agli occhi nostri
nascondendosi sotto le povere specie sacramentali per essere nostro compagno, nostro cibo
e nostra vittima fino alla consumazione dei secoli. Ditemi, poteva Egli fare di più? E vi
sarebbe sulla terra chi potrebbe fare altrettanto?
Gesù, come voi vi siete donato tutto a
noi, noi ci doneremo tutto a voi. Il nostro cuore sia
vostro perché voi vi stampiate in mezzo il vostro Nome, affinché il mondo, i demoni e le
creature non abbiano a rubarvelo mai più. Scrivete Gesù nella nos fra mente perché si
ricordi sempre di voi. Scrivete Gesù sulla nostra bocca affinché volentieri parli di
voi, scrivete Gesù su tutte le mie opere, affinché per sola gloria del vostro nome le
cominci e le compia.
Viva adunque Gesù in eterno; sia
sempre lodato e ringraziato il Santissimo Nome di Gesù.
Molte sono ancora le istruzioni che ci dà
Gesù Bambino. Tutte ci sarebbero di estrema necessità, ma il tempo ci manca, già siamo
giunti allultimo giorno della novena. Perciò questa sera impareremo da Gesù la
virtù della santa umiltà come quella che racchiude in sé tutte le altre. Come quella
che Gesù pose a fondamento della sua celeste dottrina. Immaginiamoci dunque che Egli
stesso ci dica al cuore quelle dolci parole "impara da me ad essere umile di
cuore". Che gloria sarà per noi imparare da Gesù! Egli ci dice: "impara
da me" affinché abbiamo a concepire una stima altissima della santa umiltà,
vedendola praticata in modo sì eminente dal nostro Maestro divino. Guarda o anima
cristiana come Gesù confonde la superbia del mondo: "impara da me" Egli
dice, non a far miracoli, non a predicare, non a comandare, ma ad essere umile di cuore.
Anche noi applichiamoci dora innanzi
con ogni studio ad acquistare questo tesoro nascosto della santa umiltà di cuore. Umiltà
di cuore che ci faccia amare una vita abbietta e nascosta agli occhi degli uomini, e ci
renda chiaro abbassarci a tutti, sottometterci a tutti e ricevere volentieri da Gesù
qualunque umiliazione. Quando pure fossero le maggiori umiliazioni di questo mondo non
potrebbero confrontarsi con quelle che abbracciò Gesù per amor nostro. Egli è Dio che
si abbassa e noi siamo povere creature. Egli è santo e noi siamo peccatori. A Lui è
dovuto ogni onore e gloria in cielo e in terra, e noi meritiamo ogni obbrobrio a questo
mondo e nellinferno per i nostri peccati. Procuriamoci dunque questa umiltà del
cuore che nasca in noi dalla sincera convinzione del nostro nulla e della nostra miseria.
AI: "Sermones", ASO
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