...PASSO
BENEFICANDO TUTTI
Omelia
Lidea di commemorare una beneficenza nella Chiesa di
Cristo altro non è se non riconoscere che primo fattore di ogni ben fare è Gesù; alla
sua vita si ispirarono alcuni scrittori che la sommarono con queste due parole: "Pertransit
bene facendo".
Sia lode dunque a coloro che idearono questa solenne
commemorazione. lo non ho il bene di conoscerti, ma in spirito stringo loro ben volentieri
la mano.
Questa è una solenne rivendicazione della beneficenza, la quale
è fredda come una notte dinverno, è gelida come il marmo duna tomba quando
non riposi sul Cuore di Gesù. Legoismo umano agghiaccia la beneficenza,
lamore per lumanità è parola vuota di senso quando non è riscaldato dal
fuoco della carità portata dal cielo, nata in Betlem, cresciuta in Nazareth, perfezionata
sul Golgota.
Vinto nella forza materiale, divenuto prigioniero a
SantElena, Napoleone il Grande si compiaceva nelle sue lunghe meditazioni a far
passare innanzi a sé i grandi personaggi della storia. Di tutti ne ammirava le virtù, ne
studiava i difetti, ma quando si vide innanzi la cara e raggiante figura di Gesù Cristo,
estatico esclamò:
"Ecco Colui che si è annessa lumanità!" Parole
sublimi o cari, che rivelano lingegno di quelluomo e il vanto che a Gesù solo
si deve lasciare.
"Umanità" di questa parola sogliono
infiorarsi le labbra alcuni uomini, la cingono come arma, di essa se ne fanno forti, ma a
torto, questa è una depredazione, uningiusta rapina. Quale uomo ebbe mai tanto
amore allumanità come Gesù? Chi mal come Gesù discenderebbe dal Cielo, o tanto
più uscirebbe dalla sua tomba, per annettersi lumanità, per assumerla negli stadi
più dolorosi?
No, nessuno dei mortali per il solo amore allumanità
ritornerebbe alle strettezze dellinfanzia, alle angosce della vita. .. . Non così
Gesù del quale è impossibile narrar per esteso tutto ciò che ha fatto per
lumanità. E una meravigliosa epopea che gli occhi più non vedranno, ma che
la riconoscenza ha scolpito nei cuori.
Il nome di Gesù, fa trasalire le anime; lo ripete la madre
sulla culla del suo bambino; lo invoca il morente, raggio di speranza, pegno di
perdono....
..I poeti esaltano la sua gloria, gli oratori ne celebrano
la virtù, la pittura, la scultura, la musica ne disegnano limmagine;
larchitettura si rivolge allinerte materia e la scuote e le grida: "Levati
e manda anche tu la tua voce". La pietra trasale, esulta e freme sotto le mani
dellartista ed ecco che sinnalzano al Cielo le volte grandiose, si ergono le
maestose cupole delle stupende Cattedrali a cantar linno al benefattore
dellumanità.
Il grido dellinnocenza si frammischia alla voce del
pentimento, il silenzio dei chiostri ai rumori del mondo: è il grido delluomo che
loda, che celebra, che esalta Gesù. Egli è il centro di tutti i cuori, il segno
dellunione.
Possono bene glincreduli strappare una città, un regno,
una nazione a Gesù; abbatterne gli altari, spezzarne la croce, lacerarne il Vangelo; ma
mentre il turbine infuria, mentre si accumulano le rovine ecco avanzarsi nuovi uomini
segnati in fronte dalle acque del Battesimo: lapostasia dun popolo è
compensata dalla conversione dun altro; e se una civiltà che precipita a barbarie
abbandona la fede, vedete là un popolo barbaro oltre i mari che si redime nella civiltà;
i selvaggi riempiono le file abbandonate dagli apostati, gli abitanti delle foreste
vengono a cantare linno dellamore a inalberare il vessillo della vittoria. E
che cosa è mai questo o miei cari, che cosa è mai questo se non lumanità intera
che viene ad attestare che il vindice dessa, che il liberatore, il benefattore, è
Gesù?
Si udì nella capanna di Betlemme un vagito: era il vagito di
Dio che pazzo damore per lumanità, volle assumerla, farla sua. In quel
Presepio germogliarono due fiori, che sono i due amori sublimi: Lamore a Dio,
lamore allumanità.
E vero che primo di questi due fiori deve posare sul
nostro petto lamor di Dio; Gesù Cristo è venuto nel mondo specialmente ad
accendere questo fuoco:
"Amerai Dio con tutta la tua anima, con tutte le tue
forze
"; ma qual segno ci diede per conoscere se questo fuoco è in noi? "Io
vi lascio la mia immagine - egli dice -vi lascio luomo, amatelo. Tutto ciò
che fate al fratello in nome mio Io terrò fatto a me".
Gesù Cristo come uomo è il rappresentante più completo
dellumanità, e chi ama lumanità, deve necessariamente amare Gesù, come chi
odia Questi, dovrà inevitabilmente odiare anche quella. Lumanità sarà amata o
odiata né più né meno in quella guisa che sarà trattato Gesù. Ecco linfallibile
misura: chi ama Dio, ama anche il prossimo.
Luomo è naturalmente egoista. Un sentimento
spontaneo lo spinge a provvedere a se stesso; è una fame che abbiamo dentro che appena
vede alcunché di bene la mano vi corre sopra: "Questo è mio". Ora a
frenare questimpeto della natura, anzi a mutarlo in opposto, affinché la mano
anziché stringersi sapra a donare, anziché godere sadagi a patire per gli
altri, occorre un miracolo perché la natura non basta. Ci vuole una potenza che lo
sollevi ad unaltra sfera, che ne causi i modi ed attinga i motivi dellopera
non più nelluomo ma in un mare che non si esaurisce mai: lamor di Dio.
Si dice spesso: "come amar Dio che non si vede?" Ma
non sarebbe meglio dire "come amar lumanità che si vede, amarla con le
miserie, con le viltà, con le sozzure che si vedono?" Vi è chi soggiunge: "come
mai Dio, così lontano, nascosto, invisibile, può toccare il mio cuore? E non sarebbe
più giusta la risposta... Come mai il mio cuore non si lascia toccare
dallumanità così vicina?
Oggetto di amore, che crea linfiammata servitù del cuore,
è la bellezza. Ma come amare e servire lumanità coperta di cenci e di piaghe? Si
dirà che quel certo sentimento che si prova a veder chi patisce eccita compassione;
laspetto del dolore fa provar dolore.., ma questo se ben badiamo non ci potrà dare
che mostruose contraddizioni, beneficenza ma non umanità. Con questo senso naturale, noi
vedremo il ladro che ha rubato a man salda, sentir compassione del poverello e dividere
con esso quel pane che gli costò un delitto.., vedremo lassassino con quella mano
che stringeva il coltello e lo piantava in petto al povero viandante, lo vedremo con
quella stessa mano correre a sorreggere un suo vicino che cade svenuto. E umanità
questa? No, questa sarebbe quella larva dumanità che i filosofi del secolo passato
per conquistare le moltitudini nascosero sotto il nome di filantropia che, come disse bene
un moderno oratore, non è che lipocrisia, la negazione, lironia della
umanità e della beneficenza e ne toglie la sostanza per lasciarvi un fantasma.
Fra lamore allumanità portato da Gesù e quello
spremuto dalla filantropia, Vè tale differenza come tra il cielo e la terra. La
filantropia è come quelle piante portate a noi dallAmerica, a cui basta una brina,
un fiato per avvizzirle e svellerle dal ramo; mille sollecitudini occorrono perché
portino frutto, e poi sono frutti stanchi, stantii che non hanno sapore. E il ladro
che fa elemosina, è lassassino che porge soccorsi.... Che questo sentimento, questa
compassione nel vedere la miseria, sia poi frutto della filantropia non lo so.
Ad ogni modo anche se i frutti della filantropia sono smilzi e
facili a corrompersi, essi sono però frutti, occorrerà un palato più grossolano e meno
delicato; ma tantè di fame non moriremo. E poi è forse vero questo? Quel dolore
che si prova dinanzi al dolore è poi vero che sia in noi naturale? Se la natura basta ad
eccitano, perché allora luomo in quattromila anni non seppe trovarlo nel proprio
petto? E perché pensatori profondi, Socrate, Platone, ... non seppero sprigionare questo
fuoco di sotto la cenere e togliere quel giogo di ferro allumanità degradata?
Cerchiamo un po questo amore dellumanità, prima
della venuta di Gesù Cristo e che cosa ne hanno detto gli antichi maestri.
Marco Aurelio, Imperatore filosofo, uno dei più celebri saggi
del paganesimo, dichiara in modo chiaro che la compassione per gli sventurati è follia.
Seneca, vantato moralista, dopo belle parole esprimenti sensi
dumanità, scrive che la compassione è un vizio delle anime deboli e che il vero
sapiente non sente pietà.
Cicerone così compendia alcuni suoi detti: "Non ha
compassione se non chi è pazzo; lasciarsi vincere dalla compassione è delitto". Si
freme a queste massime; ma se ciò fosse naturale, perché lamore del misero non
uscì dal seno dellumanità a vendicare loltraggio, a lavare lonta di
chiamar follia, delitto, la compassione, la pietà per il povero e per linfelice?
Ben sintende che anche luomo ben nato, anche lingegno più bello se non
è nobilitato dal cristianesimo, se non è un fiore cresciuto allombra di Gesù, per
lumanità presa nel suo insieme, non potrà avere che disgusto, disprezzo, orrore.
Noi da soli, non vogliamo bene agli altri. Noi amiamo chi ci
piace e ci soddisfa, chi ci lusinga, dunque noi amiamo noi stessi; ma non amiamo gli
altri.
Quando Gesù non era ancora venuto al mondo ad annettersi
lumanità Epiteto ravvisava nel povero un pozzo fangoso; in Atene ed in Egitto il
mendicar pane era delitto di morte....
Portatevi a Roma ai tempi di Augusto: laquila romana
stende lali su tutto lorbe, la grande nazione è giunta allapogeo della
gloria, le arti e le scienze fanno prodigi; ma intanto non vedete quella moltitudine di
esseri viventi che saggirano pallidi e smunti come spettri? Che cosè questo
brulicame di creature che infesta le piazze e gli spalti? Dallaria stupida e dalla
sconcia persona traspare alcunché dindecente e feroce: sono gli schiavi.
In Roma a soli ventimila persone era concessa libertà, e a
queste ne erano soggetti quattro milioni di schiavi; mirate lo scarso pane, i colpi di
bastone che si caccia loro nei reni come a bestie da soma; quellanello che vedete
fuori è per tenerlo schiavo incatenato alla porta del padrone, come il cane dei nostri
cortili; e nellisola che sta di fronte al Tevere si mandano a morir di fame
allorché le spalle più non reggono alla fatica. Noi fremiamo, noi che respiriamo
laura benefica della carità di Gesù, noi fremiamo; ma allora luomo guardava
freddamente questo spettacolo, e Poglione, amico di Cesare, nutriva i porci e le murene
del suo giardino, gettando loro vivi gli schiavi. Petronio nella vita dei Cesari, fa
fremere di raccapriccio al racconto delle sevizie cui erano fatti segno gli schiavi, che
il padrone poteva trattare come meglio gli talentava. Se fosse vero che bastasse la natura
a suscitare sentimenti di compassione per lumanità, non era forse natura umana
quella?
Aristotele definiva la schiavitù non meno giusta che utile;
Platone chiamava gli schiavi esseri immondi di cui voleva spazzar la città e Catone non
vedeva bene che si gravasse la repubblica di tanti esseri inutili. Una tal ferocia di idee
e di sentimenti dominava che perfino la matrona romana, batteva le mani e sorrideva al
vederla tigre che stringendo la gola al gladiatore versava le viscere in un lago di
sangue.
Oh, natura, natura delluomo dove sei? Vieni a destare un
palpito in questi cuori di ferro, di loro che cessino di divorarsi, sono fratelli. No, la
natura non seppe dirla questa parola, ci volle Gesù. Sì, fu Gesù Cristo che prese
lumanità, se la fece sua, se la pose sul cuore, e di lei diventò rappresentante
solidale: "tutto ciò che farete alluomo sarà come fatto a me".
Appena Gesù ebbe spirato sulla croce, una nuova era apparve
ed il regno dellamore puro e disinteressato è stabilito: si ama luomo per
Iddio, si ama Dio per mezzo delluomo. Oh grandezza, oh sublimità damore.
O uomo ecco Gesù Cristo il benefattore dellumanità, ecco il principio dogni
beneficenza.
.Luomo preso a sé non può esser benefico, e
neppure sentire umanità: luomo non solo non sa ispirar umanità, organizzar
beneficenze, ma neppure capirle, comprenderle.
Per tre secoli continui il mondo, la natura umana abbagliata,
dirò così, dalla luce insolita, straordinaria, celeste della carità di Gesù, la
perseguitò per ogni dove. Tutto si mise in opera contro la carità, pregiudizi, costumi,
istituzioni, filosofia. Come un uomo che muore, vicino alla sua distruzione, fa ogni
sforzo per combattere la morte, così la barbarie umana, la tirannia sfogò da disperata
il suo furore.
Chi può formarsi unidea del sangue sparso, chi può
numerarne le vittime? La carità di Cristo, non compresa, dovette nascondersi nelle
Catacombe. Trecento anni ci vollero prima che la natura si capacitasse, che la
compassione, la pietà, lumanità, anziché esser delitto siano considerate virtù,
e virtù da paradiso. Sì, solo allora luomo poté mirar la bellezza di quel Fiore
spuntato nel Presepio, poté sentirne la fragranza, solo allora sorse una civiltà in cui
si rispetta come nelluomo la più nobile delle forze, così nella donna la più
sacra delle debolezze.
Vedete quella giovinetta di nobile stirpe, dotata delle più
elette qualità di mente e di cuore? Ella è amata da tutti. Il mondo non ha per lei che
lusinghe; ma un giorno una voce più potente le parla al cuore: "Ascolta, - le
dice - abbandona la tua casa, perché il Re dei re è preso dalla bellezza
dellanima tua". Ed ella dà laddio ai suoi, veste labito
religioso, è un angelo damore e di misericordia; al letto degli infermi ne fascia
le piaghe ributtanti, sul campo di battaglia tra i feriti, tra i morenti, tra i morti,
soccorre gli uni, insegna agli altri a ben morire, mormora una prece per i caduti sul
campo dellonore. E il fiore del Calvario che manda il suo olezzo.
Portiamoci sulle cime del San Bernardo, su quelle vette ove
regnano le nevi perpetue. E sera, è notte; nella chiesa risplendono i lumi, risuonano i
canti. Un giovane dal cuore ardente è disteso sul pavimento, un vecchio gli sta accanto:
"Persisti, figliuolo nel tuo disegno? - Sì,
Padre, persisto. - Giuri di restare in questo deserto a salvezza dei poveri
smarriti? - Sì, Padre, lo giuro. - La pace sia con te". Quel
giovane si alza e malgrado la bufera che si scatena, la neve che acceca, il freddo che
agghiaccia, comincia la sua missione. Ma talora la valanga lo travolge, e la neve simbolo
della purezza della sua anima diventa suo funebre lenzuolo, sua tomba.
E la carità di Cristo che fa dolce il morire per salvare
i fratelli.
Giovanni Dalmata, Pietro Nolasco, fondano lordine per la
redenzione dei poveri schiavi e nulla spaventa i suoi seguaci, né i pericoli di mare, né
barbarie di popoli, essi sono pronti a dare la vita per la loro opera dincomparabile
amore.
Giovanni di Dio preso dalla santa follia dellamore per
lumanità, si consacra a servire i pazzi. I Ministri di Camillo de Lellis fanno voto
di servire gli appestati, la Madre Fenelon, ... Monsignor Affre, il Cottolengo, Don Bosco.
Ah io mi perdo in mezzo alla falange di campioni che lavorano per lumanità. Tutto
ciò che vi è di bene, di beneficenza nel mondo è opera della carità ispirata da Gesù
Cristo.
Difatti amare luomo quando in fronte è segnato
dallimpronta della bellezza, amarlo quando a lui si lega linteresse, amarlo
oggi sì domani no, restar freddo e poi odiarlo, questo si è veduto e si vede
continuamente è adulazione capricciosa del cuore. Amare un essere privilegiato, un amico
è egoismo, si ama perché piace; ma elevare il nobile edificio della carità sulle rovine
di ogni egoismo, di ogni interesse, di ogni piacere, di ogni amor proprio, estendere
questo amore gratuito agli uomini, sempre e dappertutto; dire alluomo disceso al
grado di bruto, dire al selvaggio: io ti amo; amare luomo quando la
deformità della persona, le ingiurie delletà, la degradazione del vizio, recano
indicibile disgusto e ripetere col Cottolengo: "Voi siete le mie gemme", questa
è la più grande meraviglia che abbiano veduto i secoli. Questa meraviglia non è che
lopera di Gesù.
Solo Gesù può ispirare la forza di attuarla. Vogliamo vedere
la causa di tanto eroismo? Essi guardano Gesù e in Lui vedono lumanità; guardano
lumanità e in essa vedono Gesù.
Amanti appassionati di Dio, diventano necessariamente amanti
appassionati dellumanità.
E i secoli, e i popoli e le nazioni, come saranno verso
lumanità? Saranno freddi o caldi o tiepidi secondo che saranno rivolti a Dio.
Si dirà forse che la logica dei fatti si smentisce, si dirà
che vi sono uomini che bestemmiano Gesù Cristo, eppure operano grandi cose a sollievo dei
miseri, a beneficio dellumanità. A questo risponde il Cesari dicendo: Se fanno
qualche cosa di bene lo debbono ancora al cristianesimo, nel quale nacquero, nel quale
furono educati, nel quale si trovano.
Senza questa divina virtù che ha rigenerato il mondo né
avrebbero fatto quel bene, né vi avrebbero pur pensato. Ciò che operano di bene sembra
frutto della loro virtù personale, ma invece non è che germoglio del cristianesimo,
alito di quellaura in cui tutti vivono, che tutti respirano e senza la quale la
società rimarrebbe soffocata e spenta. Sì, si avrà compassione, si mostrerà pietà
anche da parte dei nemici di Cristo, finché questi avranno Cristo di rincontro per fargli
un contro altare, perché si sa che vanto tutto di Gesù è il sollievo
dellumanità.
La maestosa figura di Gesù, fosse anche solo per combatterla,
non si perderà più di vista, tanto è scolpita nelle menti e nei cuori. Ma se tanta
sciagura avvenisse, tolto Gesù, perduta sarà ogni idea damore allumanità.
Quel secolo che cominciò col motto: "schiacciamo
linfame", finisce con uno spettacolo che fa rabbrividire. Fu organizzata la
morte, e i mostri che dominavano avrebbero voluto compiere il sogno di Nerone, dolente che
lumanità non avesse una sola testa per farla cadere con un sol colpo. Lodio
contro Gesù in cielo, appare quale odio contro gli uomini sulla terra. Cacciato Gesù,
mentre si parlerà di libertà verrà esercitata la tirannia, inculcando fratellanza si
semineranno discordie fraterne, magnificando la filantropia tutto si sacrificherà
allinteresse
.
.Abbiamo vera compassione dellumanità e ameremo
Gesù. Amiamo Gesù e noi saremo fornaci damore per lumanità....
AI: "Sermones", ASO Botticino |