Sant'Arcangelo Tadini                                 Angelo di Verola
Canonizzato il 26 Aprile 2009 da Benedetto XVI
proclamato Beato il 3 ottobre 1999 da Giovanni Paolo II


da, Sermones,
Archivio Suore Operaie, Botticino Sera

(AI: Sermones, ASO Botticino Sera)

Scritti e Omelie

LA TRASFIGURAZIONE

Omelia

 Tra le tante testimonianze che Gesù Cristo diede della sua divinità agli uomini nel tempo che visse visibilmente sulla terra, ve n’è una, forse la principale, che leggiamo nel Vangelo della Trasfigurazione.

Questa testimonianza fu riservata solo ai suoi più fedeli apostoli. Lungi da Lui quindi gli stessi discepoli e apostoli non ancora confermati nella nuova fede, Gesù con i soli tre apostoli, Pietro, Giacomo e Giovanni ascese il monte Tabor. Mentre stava ancora pregando eccolo trasfigurarsi ai loro occhi: le sue vesti diventarono candide come la neve e una luce sì viva e sfolgorante lo avvolse, ... che abbagliati ne rimasero gli apostoli e a terra caddero tramortiti. Con Lui c’erano Mosè ed Elia che, collocatisi entrambi ai lati del Signore trasfigurato lo adoravano profondamente. Mille schiere di Serafini gli facevano corona movendo dalle loro arpe piacevoli melodie di Paradiso; l’Eterno Padre dall’alto del suo trono osservava la gloria dell’Incarnato suo Figlio Unigenito e se ne compiaceva.

"Oh Signore gridò Pietro è bene per noi il trovarci in questo luogo! Facciamo, se così Vi piace, tre tende, una per Voi, una per Mosè e un ‘altra per Elia"- Intanto una luminosa nuvola coprì quelli che Pietro voleva trattenere e dal Cielo si udì una voce che disse: "Questi è il mio Figlio prediletto in cui ho posto le mie compiacenze, ascoltate/o" Era lo stesso Padre Eterno che parlava. Atterriti da questa voce e dalla misteriosa nube caddero bocconi a terra. Gesù si accostò a loro e li fece alzare.

Dobbiamo dedurre, o cari, che se tali furono la meraviglia e lo stupore di questi tre forti Apostoli nel contemplare un raggio solo di quella gloria che circonda e possiede Gesù Cristo in Cielo, tanto da far dire a San Pietro che Egli desiderava star sempre là a vedere e ammirare quella vista gioiosa, quale non sarà la nostra ammirazione allorquando entreremo nella patria beata del Cielo? Che sarà dunque l’ammirare il Paradiso in tutto il suo splendore, intenderne il pregio, gustarne la dolcezza, possederne l’immensità, senza timore di perderlo?…

Contempleremo a faccia scoperta Gesù Cristo in tutta la sua Maestà e gloria, certi e sicuri di averlo a godere e possedere per sempre.

Immaginate un cieco nato, che in uno dei più bei giorni di primavera, trasportato sulla sommità di un monte da cui si può scoprire un paese ricco e vario, improvvisamente ottiene per miracolo il beneficio della vista; chi mai potrebbe descrivere la meraviglia e la gioia che egli proverebbe contemplando, per la prima volta, l’azzurra volta dei cieli, lo splendore del sole, la ricchezza della vegetazione, lo smalto dei fiori, i capricciosi scherzi della luce, l’immensa varietà d’oggetti che popolano ed abbelliscono la terra? Chi potrebbe descriverla? Aveva sovente udito parlare di tutte queste meraviglie, se ne era figurato un immagine qualsiasi; ma privo del senso della vista ottenuta, non ne aveva che delle vaghe nozioni, arrischiate e sovente del tutto false, od almeno rozze ed imperfette.

Ora lo stupore del cieco nato, non è che una debolissima immagine della meraviglia e dello stupore che proveremo noi, allorquando entreremo nella Gerusalemme celeste. Per quanto possiamo immaginare di grande e di straordinario del Paradiso, sarà sempre un nulla in confronto alla vera grandezza e magnificenza del Cielo, poiché si tratta di beni celesti di cui non abbiamo alcuna notizia basata sull’esperienza.

Trovandoci in una regione così nuova, in un’atmosfera sì pura, in una città sì splendida e magnifica, non potremo che esclamare: "Oh beato soggiorno, quanto è dolce trovarci qui". Allora non avremo bisogno come San Pietro sul Tabor di domandare a Gesù d’innalzare tre Tende e in quel luogo fermarci per godere sempre di quella visione, poiché la nostra fede ci assicurerà che quel luogo è per noi e nessuno più lo potrà carpire.

Oh consolazione, oh gaudio, oh contento! Da quel momento noi contempleremo, possederemo, godremo per sempre il Redentore cinto di splendore e di Maestà divina.

Dal suo sguardo, … dai suoi lineamenti, discenderanno la beltà, la grazia e tutto ciò che è atto ad attirare ed a farsi amare.

Lo vedrò per sempre, lo vedrò qual è in Sé stesso, seduto su quel trono di gloria dove deve regnare per sempre con la sua potenza, con la sua bontà, con la sua dolcezza e con le infinite sue amabilità; lo vedrò circondato da tutti gli splendori, assistito da miriadi di spiriti celesti che si gloriano di servirlo come loro Signore, di adorano come loro Dio!

Vedremo dunque quell’Essere perfetto, incomprensibile, assoluto; principio e fine di tutti gli altri esseri.

Comprenderemo quel mistero della natura divina che la fede ci mostra attraverso un velo e al quale io sottometto il mio intelletto senza capirlo.

Intenderemo finalmente come questo Essere cosi perfettamente infinito, così infinitamente perfetto, è antico senza età e nuovo senza inizio, esiste sempre e non è misurato dal tempo, è presente dappertutto ma non compreso da spazio, muove tutte le cose e non si stanca, tutto provvede, tutto governa e nessuna impresa lo occupa.

(…….) Che disse mai San Paolo quando fu trasportato in spirito fino al terzo cielo dopo quel suo ratto ammirabile? "Occhio umano non vide, né orecchio udì, né mente non poté mai concepire le grandi cose che Dio tiene preparate per quelli che lo amano". Con tale modo di esprimersi San Paolo ci fa conoscere la grandezza e l’eccellenza dei beni celesti. Quanto di grande non abbiamo mai intravisto e udito da ché siamo al mondo o per lo meno quanto di grande non possiamo immaginare con la nostra mente, al dire dell’apostolo, tutto ciò non è niente in paragone dei beni dell’altra vita.

Com’è magnifica, nobile, ricca la santa Città!

Mi pare di vederla questa Gerusalemme celeste in una forma perfettamente quadrata, aperta da dodici lati con eleganti porte intagliate in altrettante perle di smisurata grandezza; mi pare di vedere gli edifici di questa dimora divina avvolti di smeraldo e oro; l’oro stillare ai piedi degli abitanti; d’oro mi pane di vedere illuminate le strade, d’oro lastricate le piazze.

So che questo non è il Paradiso, è l’aquila acutissima di un Giovanni evangelista che avendo compassione della debolezza dell’intelligenza umana ammantò col pomposo vocabolo "d’oro e di gemme" ricchezze molto migliori. Nulla di meno quand’anche il Paradiso non fosse altro che una città di questo tipo, non vi sembra che ragionevolmente per acquistare un tale regno si potrebbe da noi spendere quanto di più prezioso abbiamo su questa terra?

Mirando il cielo oh quanto sono brutte le tue bellezze o terra!

Che giovano le tue ricchezze o terra se l’anima mia è in una continua lotta della carne contro lo spirito; se mi tiranneggiano le passioni, se i pensieri m inquietano, i desideri mi tormentano?

Che mi giovano le tuie bellezze o terra, se stenti, dolori, fatiche, infermità mi consumano; se angustie di povertà, se improvvise sciagure, perdite e rovesci di fortuna continuamente mi assalgono?

Che mi giovano o terra i tuoi piaceri, se tutta la mia vita è una serie di contrasti, di meschinità, di bisogni continui e di guai che mi avvolgono e dai quali non uscirò se non col maggiore di tutti i mali qual è la morte?……

In cielo ci assicura lo Spirito Santo, questo gran cumulo di mali sarà per sempre bandito; ogni disagio, ogni dolore, ogni travaglio fuggirà da noi; niente vi sarà che ci disturbi, che ci offenda, che ci molesti. Nessun bisogno, nessun timore, nessun

Desiderio……….Adiamo, sì, andiamo al Cielo.

Oh qual gioia, quale consolazione sarà la nostra, quale meraviglia, quale stupore sarà il trovarci in Cielo, in mezzo a tanto splendore e a tanta magnificenza: lontani da ogni disgrazia, scevri da ogni malore.

Oh cari, se il Paradiso non fosse altro che questo sarebbe già gran cosa non aver alcun male, godere di ogni bene.., eppure questo non è che la minor parte. Poiché noi in cielo stningeremo una santa amicizia con tutti i Beati, i Santi, noi ci troveremo sempre in loro compagnia...

……Io voglio additarvi i Profeti con le Sacre Scritture, gli Apostoli con i loro Vangeli, i Martiri con le loro palme, le Vergini con i loro gigli. Sì, noi godremo in Cielo della compagnia d’Eliseo seduto su di un gran trono con a fianco il suo corvo’ ecco Davide con la sua arpa, ecco Mosè con la sua verga, con il suo incensiere Melchisedech.

Che consolazione trovarsi insieme con tanti gloriosi martiri seduti su quegli strumenti che furono una volta ordigni dei più fieri supplizi ed ora strumenti di gloria (……..)

Che gioia trovarsi insieme con i santi Apostoli fondatori della Chiesa che, dopo tante fatiche, dopo tante persecuzioni, lieti e contenti in trono di maestà, giudicano autorità, nazioni e popoli! Vedere i Confessori della fede, i Penitenti che dopo tante austerità, tanti patimenti godono un riposo imperturbabile ed una ricompensa di gioia cui non ha merito che l’agguagli.

In mezzo a tutte queste stelle luminose vedervi il Sole, lo Sposo della Chiesa militante: Gesù Cristo assiso in trono di gloria con la Divina Madre Maria a fianco.

Quale maggiore consolazione sarà la nostra al momento di presentarci al Cielo mentre estatici ne contempleremo la grandezza, la magnificenza, lo splendore, vedere gli angeli, i Santi, i Beati tutti muoversi dai loro posti e venirci incontro per festeggiare il nostro felice arrivo.

Che allegrezza vedere i nostri Santi protettori, i nostri avvocati, venirci incontro.., noi vorremmo gettarci ai loro piedi per venerarli ma essi non lo permetteranno, ci daranno baci di pace e unitamente a tutti gli altri ci diranno: consolatevi che non siete più pellegrini sulla terra, consolatevi che non siete più in pericolo di dannazione, consolatevi che siete cittadini del cielo, familiari di Dio, nostri compagni indivisibili.

Maria ci chiamerà col dolce nome di figli. Gesù con quello di servi fedeli. Gesù e Maria ci condurranno innanzi al trono dell’Eterno Padre.

Chi può ridire pertanto quale sarà in un incontro si solenne la nostra allegrezza, la nostra gioia? Che se poi, o cari, tra quelle schiere beate vi saranno alcune anime da noi condotte sulla strada della salvezza con le nostre esortazioni, con i nostri buoni esempi, oh, queste più di tutte si faranno a noi incontro e per gratitudine dandoci mille benedizioni diranno: per mezzo vostro siamo salve, o siate benedetti, per mezzo vostro ci troviamo in Paradiso.

Quanti amici, quanti conoscenti saranno in quel luogo, ci abbracceranno dolcemente e dopo i più teneri ed affettuosi baci non cesseranno di dire: "Eccoci insieme per sempre o amici, eccoci a godere Dio per tutta l‘eternità." Se poi avremo la bella sorte di trovarvi coloro che della nostra famiglia sono già passati all’altra vita, se vedremo i nostri genitori, fratelli, sorelle, parenti tutti, quale gioia, allegrezza e godimento proveremo.... Quale gioia sarà la nostra, ... abbracciare ancora quel tenero padre che piangemmo sì amaramente., stringere ancora al nostro seno quella cara madre, che la morte ci tolse. Vedere ancora quello sposo, quella sposa che furono i compagni fedeli dei nostri giorni, vederli non sotto queste umane spoglie ma circondati di splendore, adornati di gloria.

Siamo tutti salvi grideremo ancora noi siamo tutti salvi.

Benediremo la povertà che ci ha procurato tanto bene.

Renderemo lode all’obbedienza che sottomettendo in vita la nostra volontà al volere divino ci rese padroni di un’immensa felicità; ricorderemo con compiacenza le disgrazie, gli affanni di questa misera vita, vedendo come le afflizioni si cambieranno in gaudio e le croci in altrettante consolazioni.

Benediremo le tribolazioni, le penitenze, i digiuni. Godremo di aver pianto in questa vita, di aver sparse molte lagrime nel vederle asciugate dalla mano di Dio: "Absterget Deus omnem lacrimam ah hoculus sanctorum."

Vi è forse fra di voi qualcuno che sia debole nella salute, senza forze, consumato da malori? Oh, ascolti la speranza che gli dice al cuore: "In Cielo si rinnoverà come aquila la tua gioventù."

Vi è forse tra voi qualcuno cui sia faticoso il lavoro, stentato il vivere, poco gradito il sudare? Oh ascolti la voce interna che gli dice: "non affaticherai invano per Iddio".

Vi è forse chi ha perduto le sostanze, perduti gli amici, perduti i figli? Ah, brilli nel suo cuore il conforto al pensiero che fra poco li abbraccerà nuovamente lassù nel Cielo.

Vi è infine tra voi qualcuno che si trova ormai al termine della sua vita? Ah, sì, purtroppo è vero, per molti già crescono le ombre, la fronte è canuta, l’età è tremante, la tomba è aperta... ebbene o cari vi spaventa la morte? Uno sguardo al Cielo che ci aspetta e poi anziché temere la morte la desidererete, come foriera e apportatrice di una nuova vita di felicità e di gioie.

Ma ciò che io vi ho detto finora del Paradiso è un nulla poiché il Paradiso non consiste nell’avere ogni bene ed essere privi d’ogni male, non consiste nel trovarsi in compagnia dei santi, dei beati e dei parenti, no, il Paradiso consiste nel vedere Dio e nell’amore a Lui solo.

Che cosa vuoi dire veder Dio?

Vedere Dio vuoi dire conoscere tutto ciò che Egli è in sé medesimo, l’Unità della sua Essenza, la Trinità delle Persone.

Veder Dio è conoscere i tesori infiniti della sua sapienza, della sua bontà, della sua onnipotenza.

Veder Dio significa avere la più chiara cognizione dei misteri più astratti, la più perfetta cognizione di tutte le cose che furono, che sono e che saranno.

Veder Dio, in una parola, è sapere e conoscere tutto ciò che sa e conosce Dio. Niente sarà oscuro per noi: tutto sarà svelato e aperto. Al primo rapido sguardo in Dio, quand’anche fossimo stati gli uomini più rozzi, più ignoranti e più abbietti, noi ne sapremo assai più di quanto ne seppero tutti i filosofi, gli scienziati del mondo uniti insieme.

Resteremo attoniti, ma Egli tutto bontà e tutto amore per confortarci del nostro stordimento ed accrescere al sommo la nostra allegrezza, ci chiamerà a sé, ci stringerà dolcemente a Lui, c’imprimerà teneri ed affettuosi baci, chiamandoci suoi diletti, suoi cari, e poi per dimostrare sempre più la generosa sua liberalità nel premiare chi l’ubbidisce e lo serve, ci porrà sul capo una luminosa corona, ci assegnerà un ricco trono di gloria dicendo: "Io sarò vostra mercede per tutta l’eternità". "Ego ero merces tua magna nimis".

Dio sarà la nostra ricompensa per tutta l’eternità: Egli sazierà la nostra memoria avendolo sempre presente, sazierà il nostro intelletto perché sempre lo vedremo; sazierà la nostra volontà perché sempre lo ameremo.

"Ego ero merces tua" . Ma che importa dunque, mio Dio che abbiate edificato a mio favore un Paradiso di perfetta bellezza, d’universale gaudio se io vi vedrò e vi amerò? Che cosa avrò ancora a desiderare? Che importa a me se non vi è alcun male, se vi è ogni bene, se sono asciugate le lagrime dalla Vostra mano? Se io vedrò Voi, o Sommo mio Bene, che potrò desiderare di più?

Sì, o cari, vedere Dio, amare Dio sarà il nostro Paradiso.

Tutti gli altri beni e tutte le altre gioie saranno come stelle che scompaiono all’apparire del sole, Dio solo appagherà tanto pienamente il nostro cuore che più non desidereremo altro, di modo che, se invece di essere in Paradiso in mezzo a tutte le soddisfazioni fossimo anche all’inferno in mezzo a tutti i tormenti, ma potessimo vedere e amare Dio, l’inferno diventerebbe un Paradiso, e quantunque tormentati dal fuoco noi saremmo beati ugualmente di una beatitudine perfetta, di una beatitudine eterna, di una beatitudine che mai diminuirebbe.

Al cielo, al cielo dunque, o cari, siano rivolti i nostri occhi, specialmente quando il demonio ci tenta innalziamo il nostro sguardo al Paradiso che ci aspetta.

Ci costi pure qualunque sacrificio l’acquisto di quel beato soggiorno, che importa, Dio ci pagherà mille volte tanto tutte le fatiche e tutti gli stenti sofferti per suo amore.

Egli si donerà tutto a noi, tanto che il nostro Dio sarà più unito all’anima di quanto sia unito il caldo al fuoco, l’anima al corpo.

In quella guisa che un ferro posto in una fornace ardente talmente è penetrato dal fuoco, che pur non tralasciando di essere ferro più non si distingue dal fuoco stesso, così anche noi ci uniremo tanto intimamente a Dio e tanto saremo da Lui attorniati, ricolmati e penetrati che, senza perdere il nostro essere creatura, ci trasformeremo in Dio, diventeremo simili a Dio, ed in certo modo saremo una stessa cosa con Dio.

Conoscendo con la sapienza di Dio, regnando con la grandezza di Dio vivremo eternamente della vita di Dio.

Ecco, o cari, in breve, un meschino abbozzo, un’ombra delle grandi cose che Dio ci tiene preparato in Cielo in ricompensa del bene operato qui in terra.

AI: "Sermones", ASO Botticino