LUMILTA
DI MARIA
E LA SUPERBIA DELLUOMO
Omelia
Umiltà
Questa sublime eccelsa regina delle virtù, sconosciuta dapprima al
mondo intero, nacque in Nazareth e si perfezionò in Betlemme.
Questa virtù, dico, che se soffre calunnie non se ne risente, se
patisce ingiurie non si ritiene offesa, anzi si rallegra nellessere disprezzata e
talvolta perfino si procura beffe e avvilimenti; questa virtù che abbassa i superiori al
dì sotto dei loro inferiori, ma non li fa discendere dal loro posto per disconoscere o
negare le buone qualità, ma le ingrandisce nel non gloriarsene e nellattribuirne
tutta la gloria a Dio; questa virtù che, al dire di San Bernardo, è tutta propria del
cristianesimo perché fondamento e custode di tutto la altre virtù; questa virtù in
Maria si manifesta grande e nobile.
Sì, è Maria che per la sua umiltà al sentirsi dall'Arcangelo
salutata piena di grazia non ne resta invaghita ma tutta sorpresa, non rapita, ma fin nel
fondo del cuore agitata e non vi risponde se non col silenzioso suo turbamento.
Sì, è Maria che al sentirsi chiamar dall'Arcangelo "benedetta
fra le donne" si conturba, si spaventa e quanto più non può sentirsi meritevole
delle lodi che prodigalmente le sono tributate, così non comprende come le possano venir
date.
E Maria che quanto più dall'Angelo si sente innalzata più Ella
sabbassa ed entra a considerare il suo niente.
E Maria che vedendosi costituita Madre di Dio e conoscendo quanto
fosse eccelsa questa dignità niente savanza nella stima di se stessa, niente si
ferma a compiacersi della sua esaltazione, ma annientata in se stessa si riconosce affatto
indegna di tanto onore.
E Maria che pur non volendosi opporre alla divina volontà:
"ECCE risponde allArcangelo, - ECCE ANCILLA DOMINI." Ecco la
schiava del Signore, obbligata a fare quello che il suo Signore comanda. E voleva dire: -
che merito può mai avere una schiava per esser fatta Madre del suo Dio? -
0h grande e veramente eccelsa umiltà di Maria che la rende piccola a
se stessa ma grande agli occhi di Dio! Poiché essa già non è più quella povera figlia
sconosciuta che traeva i suoi taciti giorni in oscuro soggiorno quasi ignota ai viventi;
essa riceve il titolo di "Regina degli Angeli e degli uomini".
Eppure di fronte ad una elevazione così distinta il primo sentimento
della sua bell'anima è l'umiltà. Quel libero consentimento che le fu chiesto da Dio,
essa lo pronuncia con un atto della più profonda umiltà: "Ecce Ancilla Domini,
ecco la schiava del Signore".
A preferenza di tutte le creature ella conosceva le magnifiche
prerogative annesse alla sua qualità di Madre di Dio. Non ignorava ella desser
quella Vergine preconizzata da tanti oracoli. e gloriosamente disegnata in tante figure.
Vedeva il Padrone assoluto di tutta la natura venire a sottomettersi ai suoi voleri.
Eppure anziché restar abbagliata dalla prospettiva di tanto splendore, raddoppia il
sentimento della sua modestia e della sua umiltà. Quanto più si vede innalzata tanto
più si sprofonda, si umilia.
Oh quale rimprovero è mai questo per molti e molti di noi Cristiani!
Quale vergogna veder Maria che pure era sì grande, dotata di tante grazie, di tante
virtù e anche di tanti meriti, vederla sì umile e a nullaltro protesa che a
nascondere gli immensi doni di cui lha colmata il favore dellOnnipotente! Noi,
invece, che altro merito non abbiamo che i peccati commessi, che, per virtù non
possediamo che lingratitudine di non aver corrisposto alle grazie e ai doni di Dio,
perché siamo così alteri e superbi; e ci vantiamo di qualità e prerogative che pure
molte volte non abbiamo o se le abbiamo non sono nostre? ... Oh vergogna oh rossore!
E che dunque o superbi ancor vorrete conservare in petto questo
maledetto peccato? E ancor vorrete nutrire in voi vizio sì esecrando? No, da quest'oggi,
ad imitazione di Maria, noi tutti dobbiamo concepire un odio santo alla superbia
per non amare dora innanzi che la Santa Umiltà.
Io vi parlerò appunto di questo terribile peccato, capo e principio di
tutti i peccati, facendovi vedere che cosa sia la superbia e il gran male che essa
apporta affinché conoscendola possiate usare dei rimedi per sfuggirla.
La superbia, al dir di S. Tommaso, è un amore disordinato della
propria eccellenza per cui l'uomo, o attribuisce a sé meriti che ha ricevuti da
Dio, o si vanta di qualità che egli non possiede, o si stima più di quello che egli in
realtà è e per tale vuol essere stimato anche dagli altri.
Quattro perciò sono i gradi della superbia: il primo grado si ha
quando una persona essendo dotata di alcuni beni di natura, di fortuna e di grazia, non
riconosce d'averli da Dio ricevuti ma da sé medesima e se ne compiace e se ne gloria. Di
questo grado fu la Superbia di Lucifero, che vedendosi creato da Dio così bello e dotato
di tante e sì eccelse prerogative di natura e di grazia invece di riconoscerle tutte,
come doveva, dalla liberalità di Dio che tutte gliele aveva concesse, da queste prese
motivo d'insuperbirsi, pretendendo di farsi simile a Dio. Di questa superbia peccarono
anche i nostri primi padri, che non contenti di tanti doni e favori di cui Dio li aveva
ricolmati, per suggestione dellinfernal serpente pretesero di divenire tanti Dei. Di
questa superbia sono seguaci tutti quei cristiani che vedendosi, o dalla natura o dalla
fortuna, dotati da qualche ragguardevole prerogativa, o da qualche sublime posto ad onore
innalzati, attribuiscono a sé le prerogative e gli onori, se ne vantano e si gloriano
come di cose proprie quando invece tutto è dono di Dio. Questo non solo è superbia ma
bestemmia, eresia, empietà, perché si ascrive alluomo ciò che è dono di Dio e si
nega a Dio lessenziale qualità di primo principio e datore d'ogni bene.
Poco diverso da questo primo grado della superbia è anche il secondo.
Il superbo non attribuisce a se stesso questi beni, anzi riconosce di averli ricevuti da
Dio ma li ascrive ai suoi meriti, pretende che Dio sia obbligato a darglieli come cosa sua
propria, in una parola vuol far Dio debitore dell'uomo. Il che apertamente ripugna alla
fede. Questi due gradi di superbia sono per ordinario quasi sempre peccati mortali. Ma tra
di voi, lo spero, non vi sono di costoro.
La superbia, che più visibilmente si scorge in tanti e tanti fino alla
nausea, è quella che i Santi Padri e i Teologi assegnano al terzo e al quarto grado. Di
coloro cioè che si attribuiscono beni ed eccellenze che non hanno o che, credendosi
superiori nelle virtù e nel merito, disprezzano gli altri desiderando desser
stimati più degni di loro. Costoro, è vero, sono persuasi che tutto viene da Dio anche
quanto hanno di bene, che tutto viene dato gratuitamente senza nessun merito, ma in
pratica si gonfiano talmente di queste prerogative tanto da comportarsi come se tutto
fosse proprio e dovuto a loro. Essi fanno ostentazione dei loro meschini talenti, vogliono
comparire nel mondo superiori agli altri e, escludendo gli altri, vogliono riscuotere essi
solo gli applausi tanto che, se scorgono luminosi di troppo gli altrui meriti e virtù, si
crucciano dentro se stessi e non sono contenti finché non li hanno oscurati per poter
essi solo risplendere. Quanti, purtroppo, vi sono tra i cristiani di simili pazzi che non
hanno stima se non di se stessi!
Vi dissi dapprima che la superbia è un amore disordinato della propria
eccellenza e per non generare scrupoli è bene che io vi spieghi cosa voglia dire
"disordinato" poiché bramare posti ed onori ragionevolmente, quando e come
conviene, non è superbia, è magnanimità. Amare i beni, siano essi di natura, di fortuna
o di grazia, ma amarli in ordine a Dio, riconoscerli da Lui solo per esserne a Lui grati e
riceverne stimolo ad amarLo e servirLo sempre più, senza per questo invaghirsene, né
arrogarsi per questi superiorità e dominio sugli altri, questo è, della propria
eccellenza, un amore retto, ordinato e santo. Ma allopposto attribuire questi beni a
se stesso e non a Dio, ovvero attribuirli a Dio ma gloriarsene e compiacersi come di cosa
propria, dovuta al proprio io, quindi prenderne motivo di preferirsi e di soprastare
indebitamente agli altri, questo è un amore disordinato della propria eccellenza, questa
è vera superbia.
Un carattere particolare di questa passione diabolica, è quello della
sua ingiustizia, perché l'uomo superbo quasi sempre è colui che ha meno ragione
d'innalzarsi.
Portate lo sguardo sopra d'un uomo veramente giusto e virtuoso, e lo
vedrete gettare su tutti i suoi meriti il bel velo della modestia. Volgetevi invece ad un
uomo superbo e presto vi accorgerete essere egli colmo di ogni vizio. Ma perché egli
esige avidamente i riguardi? Perchè sente che nessuno vorrebbe darglieli spontaneamente,
e gli sembrerebbe ingordo conquistar quegli omaggi che ben conosce di non meritare.
Osservate una persona che si faccia vanto di possedere una qualche
onorevole prerogativa e potrete, a vincita sicura, scommettere che la stessa è già
tarlata dal difetto contrario.
Colui che si loda e si esalta da se stesso quasi sempre è spinto dalla
voglia d'imporsi agli altri, o se non altro dal desiderio di far allusione a se stesso.
Non solo il superbo è ingiusto, è anche bugiardo; egli vuol comparir
zelante, ma tutto il suo zelo consiste nel finger di soffrire sui peccati che si
commettono nel mondo col fine intanto di manifestare difetti che egli spera di esserne
esente. Il declamare contro gli uomini, contro i loro disordini, contro i loro vizi, è
cosa assai facile e comune; ma il vero zelo, il vero spirito di carità non si lascia mai
trasportare a satire impetuose ed amare. Il giusto si ferma col pensiero sulle tante
iniquità che si commettono sulla terra e non si trattiene sopra sì acerbe rimembranze se
non per affliggersi sommamente e piangere con trasporto di bella carità al cospetto del
suo Signore che ne resta oltraggiato.
Il sacro ministro soggetto al terribile incarico della condotta dei
popoli è da Dio chiamato ad annunciare la sua santa Parola e ad elevare la voce con tuono
dalla cattedra evangelica contro il peccato, con veemenza inveisce contro la sì funesta
moltiplicazione dei violatori della legge divina; ma questo perché è il suo ministero,
perché un pressante dovere lo obbliga a gridare contro il male, onde allontanare dalle
anime il vizio ed il peccato. Il superbo invece si scaglia dordinario contro quei
vizi dei quali si lusinga desserne esente, o almeno vuol sembrarne, per dar luce e
risalto alle buone qualità che si nutre e si lusinga di possedere. Questo zelo però col
quale tenta di vestirsi il superbo non è che una maschera per coprire la sua vanità e la
superbia che lo trasporta.
Il superbo sapplaude di scoprire negli altri quei difetti e quei
vizi dai quali immagina esente se stesso, e per conseguenza vuol giudicare i vizi degli
altri assai più gravi ed enormi di quelli ai quali si è abbandonato.
Il superbo non fa punto attenzione al suo orgoglio, alla sua ipocrisia
e a tutto il fango in cui sta sepolto, non fissa gli occhi sulle proprie macchie
gravissime e copiosissime ma fa attenzione per vedere, analizzare, esagerare quelle del
proprio prossimo.
Il superbo sa far attenzione alla minima pagliuzza onde è ingombrato
locchio del suo fratello e non si accorge dellenorme trave che tutta opprime e
toglie ogni senso di luce alla sua pupilla.
Il superbo è facile e pronto a concepire fuoco di sdegno per ogni
ombra di offesa.
Il superbo è sempre ambizioso, ostinato nel non voler sottomettere la
propria allaltrui opinione.
Il superbo presume di saperne di più e non accetta di essere
contraddetto, di darsi per vinto, quantunque abbia torto e conosca daverlo, si
impunta fuor di ragione e reca a gloria la sua stessa ostinazione.
Il superbo ingiuria, disprezza gli altri.
Il superbo si nutre di collera, di risentimenti, di vendette.
Il superbo confida temerariamente in sé e nelle sue forze.
Il superbo si crede abile a tutto e con stolta presunzione si
intromette in impieghi ed uffici superiori alla propria capacità, con danno certo e grave
del privato e del pubblico, e con rovina della propria coscienza.
Il superbo!
Ah! Più non finirei se volessi appena accennarvi
tutti i mali che fanno funesto corteggio alla superbia e di cui il superbo è quasi
necessariamente spinto a seguirli! Vi basti il dire che il superbo col suo orgoglio si
oppone e fa guerra a tutte le virtù, infetta ogni sorta di persona. Tutti gli altri vizi
dordinario attaccano quelle sole virtù a cui si oppongono; come per esempio
lira alla sola pazienza; la gola allastinenza; la lussuria alla castità; ma
la superbia a guisa di quelle malattie pestifere e contagiose che guastano tutte le membra
del corpo, non è contenta di attaccare e distruggerne una sola, ma tutte le virtù guasta
e corrompe.
Quel figlio sarebbe un tesoro, quella giovane sarebbe la consolazione
dei suoi genitori ma in quei cuori vi si alligna la superbia e per questo vedeteli
disobbedienti, caparbi, ostinati, che tutto vogliono fare a proprio modo senza mai
arrendersi ed ascoltare la voce dei più vecchi. Vedeteli che sono purtroppo amaro
martello dei loro parenti, ma perché questo?
per la superbia.
Quel padre, quella madre sarebbero ledificazione del paese e
invece eccoli sono lo scandalo dei vicini, perché trascurati a se stessi e poco o nulla
premurosi per leducazione dei loro figli. Avvisateli, correggeteli pur con tutta la
carità: ah! vi rispondono - io non ho bisogno di padrini, in casa mia comando io, sono io
il padrone, non voglio che altri vengano a mettermi le mani innanzi. Sono capace
anchio di correggere i miei figli,
- Ma che cosa è tutto questo?
E superbia, superbia.
Oh! Sia maledetto dunque questo infame vizio, causa, principio ed
origine di tutti i mali e di tutti i disordini che allagano la terra.
Oh Maledetta superbia io ti detesto, ti odio perché sei la nemica di
tutte le virtù. Volesse il cielo che almeno questo detestabile vizio fosse di alcune
persone soltanto, invece esso infetta ed attacca ogni sorta di persone.
Lo credereste? Da questo vizio sono guasti anche quelli che per il loro
stato e condizione più ne dovrebbero esser lontani. No, non regna nei soli dotti la
superbia, non nei soli ricchi, non nei soli nobili e grandi: ma anche in quelli di
mediocri talenti, di mezzane fortune, anzi fra la gente più bassa, tanto più
condannabile quanto più irragionevole. Non è forse vero che quel tale nella sua
contrada, nella sua comunità, nella sua casa, perché si crede più dotato degli altri di
cognizioni ma non lo è, pretende essere il migliore e il più saggio, non vuol cedere ad
alcuno ma vuole per forza che tutti siano del suo parere? Quel povero e vile artigiano
non è forse vero che si preferisce a tutti gli altri, nella sua professione pretende
saperne più di tutti, vuol che si creda che il suo lavoro sia più degli altri eccellente
e ben fatto, ne va per questo gonfio glorioso e superbo, non contento, le opere e i lavori
degli altri vilipende e scredita?
Se la vanità e la superbia regna tanto negli uomini, non cè da
meravigliarsi poi se maggiormente regni nelle donne. Non parlo di quelle distinte per
nobiltà e ricchezze, in queste la vanità pare ereditaria. Ma quelle figliole nubili o
anche coniugate che sebbene nate da umile e bassa condizione se si accorgono di essere
dotate di qualche avvenenza o beltà, o si credono di esserlo, se ne pavoneggiano, si
mirano e rimirano, se ne compiacciono lusingandosi di spiccare sopra tutte le altre, non
vedono lora duscir di casa per essere vagheggiate e far di sé e della loro
vana bellezza una pompa superba! Avessero almeno questa bellezza, non sarebbero bugiarde,
ma dordinario chi ha meno motivo di far pompa di sé, sono quelle che più si
mettono in mostra. Per cui senza timore dilludersi con tutta ragione si può dire
che lambizione è segno sicuro di qualche deformità e bruttezza, e colei che più
si stima e pavoneggia, ella è anche brutta.
La superbia però non solo guasta e infetta quelle persone che seguono
le massime dun mondo corrotto, ma tenta dinfettare, e alcune volte le riesce
pure di guastare, anche quelle persone che fan professione di pietà e virtù. Sì, nella
pratica delle più sante ed eccellenti virtù si insinua questo pestifero vizio della
vanità e della superbia, nelle elemosine che si fanno ai poveri, nelle persone
caritatevoli, nelle austerità e penitenze, nella frequenza dei Sacramenti e in tutte le
opere e esercizi di devozione, per cui molte volte queste opere sì meritorie e sante
anziché meritare presso Dio, sono causa di riprovazione. (
)
Questo abominevole vizio è il più crudele nemico della nostra eterna
salute. Siccome l'umiltà è uno dei segni più cari della nostra predestinazione alla
gloria - come dice S. Gregorio - così la superbia è uno dei segni più evidenti dì
riprovazione eterna; poiché avendo Dio una particolare compiacenza per l'umiltà, così
ancor più degli altri ha in orrore la superbia.
Senza grazia nessuno potrà mai salvarsi, ma siccome Dio dà la sua
grazia agli umili e resiste ai superbi, così gli umili troveranno la gloria e i superbi
saranno condannati. - Deus superbit resistit, humilibus autem dat gratiam.- Sì, Dio dà
la grazia a tutti coloro che conoscendo la loro necessità, povertà e miseria, con le
loro umili preghiere a Dio la domandano; ma egli resiste a tutti coloro che
credendosi di nulla esser bisognosi mentre sono i più poveri, non hanno premura di
chiederla.
Umiltà dunque, o cari, umiltà. Ne abbiamo una vera necessità se ci
preme salvarci. Umiltà brilli d'innanzi a tutte le nostre azioni, su tutte le nostre
opere sia impressa questa bella impronta della santa umiltà.
Lesempio di Gesù Cristo che essendo uguale al Padre si fece
servo, e quello della santa sua Genitrice Maria, che nel momento dessere chiamata a
divenire la Madre del suo Dio protesta di essere appena la sua Serva: "Ecce
Ancilla Domini" ci sia sempre scolpito nella nostra mente.
Alla vista di esempi tanto magnifici impariamo quanto sia necessaria ed
indispensabile la virtù dellumiltà in un uomo cristiano. Ricordiamoci che senza
una tale virtù non vi può essere cristianesimo, poiché, secondo lespressione dei
santi Padri, senza lumiltà non vi sarebbe stata neppure la Redenzione.
Se Gesù Cristo non si fosse umiliato nel farsi uomo e Maria con la sua
umiltà non avesse attirato su di sé lo sguardo dellAltissimo certo non si sarebbe
mai compiuta la nostra Redenzione.
Chi mai dunque può pretendere di sottrarsi allumiltà dopo che
il Verbo Eterno e Maria non hanno avuto ribrezzo di praticarla? Quale eminenza, quale
bellezza, quale perfezione di spirito si potrà mai addurre per non essere obbligati ad
umiliarsi? Si umiliò Maria che è sì pura, sì santa, sì meritevole e sì piena di
grazie, si umiliò Maria che è la Madre di Dio, e noi che non siamo altro che putredine,
vermi, miserie e peccato, saremo sì stolti a non volerci umiliare?
Ricorriamo a Maria perché Ella ci ottenga la grazia della santa
umiltà.
Ricorrete a Lei anime giuste ed Ella sarà il vostro sostegno, anche
voi o peccatori ed Ella vi allontanerà la superbia, causa e radice di tutti i mali. Tutti
insieme allora saremo certi che quella voce che aperse il cielo al genere umano e fece
discendere il Verbo Eterno per incarnarsi nel giorno dellAnnunciazione, sarà pure
quella medesima che lo aprirà a ciascuno di noi nel giorno formidabile della nostre
morte.
AI: "Sermones", ASO Botticino |