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Biografia Minima
da: "Don Arcangelo Tadini
e
la sua Opera Sociale"
Luigi Fossati - 1977
La Vita
Le Opere
Apostolo del mondo
del lavoro
Un carisma per il
nostro tempo
La spiritualità del
Tadini |

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Home Tadini |
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La famiglia del Fondatore
Don Arcangelo Tadini nacque a Verolanuova
(provincia di Brescia) il 12 ottobre 1846,
da Pietro e Antonia Gadola;
fu battezzato nella chiesa prepositurale
di S. Lorenzo martire, il 18 ottobre 1846,
avendo a padrini
Giambattista Scolari e Caterina Gadola.
I Tadini erano nobili, come dimostra lo stemma
sullarchitrave della casa natale,
simile allo stemma dei Tadini di Crema,
dai quali discendono i Tadini di Brescia. |
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La
Casa Natale a Verolanuova (Brescia) |
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Suo padre Pietro era nato a Brescia
nella parrocchia di S. Agata il 15 febbraio 1790.Prima del 1819 si era portato a
Verolanuova ove era diventato segretario comunale. Il 6 agosto 1819 sposò a Verolanuova
Giulia, nata il 28 settembre 1801, appartenente alla nota famiglia Gadola di Pontevico:
Giulia morì ancora molto giovane, a ventotto anni, dopo di aver lasciato viventi sette
figli. Pietro tentò per nove anni di guidare la sua famiglia, aiutato dalla cognata, ma
alla fine pensò che era meglio sposare la sorella della defunta sposa e dare, nella zia,
una seconda madre ai suoi figli. Il10 luglio 1838, Antonia, alletà di trentadue
anni, sposava Pietro Tadini. Questa fu la madre del Fondatore. Da Antonia Pietro ebbe
altri quattro figli; lultimo di undici fratelli fu don Arcangelo Tadini.
Il padre del Fondatore fu
un patriota, che allepoca delle guerre per lindipendenza italiana fece del suo
meglio per aiutare la patria; e la madre Antonia, nel 48, divenne infermiera dei
feriti, ospitati nella chiesa vecchia di Verolanuova, per cui più tardi ricevette una
medaglia dargento.
Il padre morì il 1° gennaio 1860, dieci anni prima dellordinazione sacerdotale del
Fondatore, alletà di settantanni. La madre morì il 23 dicembre 1880, dieci
anni dopo lordinazione del figlio, alletà di settantaquattro anni.
Tre dei figli Tadini, frequentato il ginnasio di Lovere, entrarono in seminario:
Alessandro, il più vecchio, compagno di Tito Speri, espulso con lui dal seminario, forse
per gli stessi motivi politici; don Giulio, morto nel 1909, vicario foraneo di Oriano,
spirito tranquillo, grandemente caritativo, che lasciò grato ricordo di sé, e finalmente
il nostro Fondatore.
Linfanzia
Quando egli nacque, la
madre Antonia Gadola, che era sempre stata malaticcia, risanò e, da allora, visse
lungamente in buona salute. Il Fondatore ebbe sempre una salute assai delicata, tanto che
alletà di due anni si temette dovesse morire.
Frequentò le elementari fino ai dieci anni circa a Verolanuova. Verso il 1855-56 passò
al ginnasio di Lovere dove studiavano i suoi fratelli. La prima messa del fratello don
Giulio e la sua casa di Verola, convertita in oratorio festivo, fecero crescere
nellanima di Arcangelo la vocazione sacerdotale, nata già alla fine delle
elementari e mai spenta durante il ginnasio.
Erano tempi in cui
lanticlericalismo faceva strage, soprattutto nella classe civile e benestante a cui
appartenevano i Tadini. Don Arcangelo, anziché lasciarsi impressionare da quelle critiche
e da quelle opposizioni, per reazione sentì accrescersi lattaccamento alla Chiesa.
" Fu allora che mi decisi di farmi chierico", dirà in una delle sue prediche.
Il Seminario
Entrò in seminario nel 1864. Non sappiamo
quasi nulla della sua vita seminaristica. Sappiamo che compì i suoi studi ottimamente;
che era esemplare per pietà e obbedienza.
Un incidente doveva avere
gravi conseguenze per tutta la vita. Per una caduta si rovinò il ginocchio destro, in
modo che gli rimase rigida la gamba. Sarà costretto a camminare zoppicando, appoggiandosi
più tardi a un bastone che, negli ultimi tempi, non potrà più abbandonare.
Finiva i suoi studi teologici nel giugno del 1870.Il vescovo mons. Verzeri era assente da
Brescia; e allora don Arcangelo, non sappiamo se da solo o con altri, fu ordinato
sacerdote da Sua Altezza Benedetto Riccabona De Reichelfels, principe vescovo di Trento,
il 19 giugno 1870. Celebrò la sua prima messa il 26 giugno 1870, a Verolanuova, giorno di
S. Vigilio.
Usciva dal seminario pieno
di sacro entusiasmo. Lamore alla Chiesa e al Papa, che alimenterà la pietà in
forma caratteristica a tutti questi sacerdoti che avevano visto il 70 o ne avevano
subito gli immediati contraccolpi, mentre lo irrigidiva in posizione di assoluta fedeltà
senza compromessi di fronte ai diritti della Chiesa, non lo costringeva sulla pura
difensiva, ma lo spingeva alla scoperta di mezzi nuovi, per lapostolato nuovo, dei
tempi nuovi.
Il vicario
cooperatore e il parroco
Dal giugno 1870 al giugno
1871 rimase a casa; poi fu destinato a Lodrino, in Valtrompia, ove fece anche scu1ola,
dal 25 giugno 1871 al 30 maggio 1873. Poi venne trasferito alla Noce, allora frazione di
S. Nazzaro, in Brescia, e fu il primo sacerdote residenziale. Con lui la Noce vide
iniziare le funzioni che di solito si compiono nelle parrocchie: ingrandì due volte la
chiesa, eresse il fonte battesimale, attirò folla con la sua nutrita predicazione.
L'erezione del fonte battesimale fece nascere delle incresciose questioni che minacciarono
di cadere nel tragico.
La sua attività, la
dedizione totale al bene delle anime, il coraggio dimostrato in varie riprese, lo spirito
di iniziativa, la fama di predicatore, suggerirono ai superiori di affidargli un altro
campo di apostolato a Botticino Sera.
La situazione a Botticino
era di una delicatezza particolare. In un secolo, precisamente dal 1786 al 1886, vi erano
stati solamente tre parroci che avevano retto la parrocchia con criteri negativi. Ai
problemi nuovi che, impetuosi e irruenti, già da un secolo irrompevano un po
dappertutto, non avevano risposto in nulla. Il primo aveva contrastato con la rivoluzione
francese e il dominio napoleonico; il secondo con una banda di ladri e rapinatori; il
terzo con le nuove idee liberali. Lattività cattolica di Botticino si era esaurita
nella costruzione della sua stupenda chiesa, finita nel 1832 e consacrata nel 1866; ma la
vita cristiana languiva e minacciava di disertare la chiesa di recente costruita. Così,
quando nel 1885 venne don Arcangelo Tadini, non trovò né oratori, né suore, né
istituti di assistenza, né congregazioni, né fervore di funzioni. Una massa caotica di
frutticoltori, più che di vignaioli come diverranno più tardi, frequentava la chiesa
senza entusiasmo: buona gente, ma non coltivata.
Quando il 29 novembre 1885
don Tadini si portò a Botticino come curato dellinfermo parroco don Cortesi,
iniziò tutte le attività parrocchiali; fino a che nel 1886, il 26 novembre, alla morte
del Cortesi venne nominato economo spirituale. Il 20 luglio 1887 gli giunse, ai fanghi di
Abano, la nomina ad arciprete di Botticino.
Il predicatore
Una delle attività più
importanti di un prete è la predicazione. Il Tadini, oratore nato, si manifestò tale
fino dai primordi del suo ministero. Sulle sue doti oratorie il consenso dei suoi uditori
è unanime. Aveva una voce forte, squillante. "Quando le finestre della chiesa erano
aperte lo si sentiva alla Casella ", dice un testimone.
"Per quanto predicasse sempre, tutte le volte che lo si ascoltava, sembrava di udire
un predicatore sempre nuovo", dice un secondo. " Nella predicazione faceva
piangere perché sapeva commuovere: in vita mia non ho più sentito predicare con un
fascino e una compunzione tale ", dice un terzo. " Faceva rizzare i capelli
dalla paura ", commenta un quarto.
Il contenuto della sua predicazione era sodo per dottrina e per ortodossia. Soprattutto
era il moralista che richiamava il suo popolo a una vita onesta e cristiana. Quando
predicava l'arciprete accorrevano tutti. E sono rimaste impresse nella mente dei più
anziani la predica dei morti al cimitero, il mese di maggio e la predica del venerdì
santo. Erano avvenimenti.
" Una volta in una sua predica parlando della sua parrocchia disse che si immaginava
una grande scala che andava da Botticino al cielo, sulla quale Egli vi potesse portare
tutto il suo gregge. E con la parola fu potente ed efficace ".
Lapostolato
dei fanciulli
Il Tadini è uno dei
pionieri dei nuovo apostolato pastorale, fatto di rinverdite tradizioni, ma soprattutto di
iniziative nuove che fermentassero la popolazione, la elettrizzassero, la entusiasmassero.
Così per ogni età ebbe iniziative nuove, come per i nuovi tempi fece nascere istituti
nuovi, e per la comunità intera una nuova vita. Ebbe dinanzi a sé tutto luomo da
condurre a Dio: dallinfanzia alla vecchiaia, dalla nascita alla morte.
Per linfanzia organizzò la festa della prima comunione. Mentre per noi è una
ricorrenza abituale, per quei tempi era una novità assoluta. E i più vecchi ne parlano
ancora con emozione. Fra tanta gioia pasquale germogliano le prime comunioni, numerosi
come i fiori dei mandorli e dei peschi, rinati allaurora primaverile. La festa delle
prime comunioni a Botticino ebbe luogo nella chiesa vecchia. Nei ricordi dei più anziani
quella cerimonia dei catechismi di preparazione, agli esami, alla confessione, alla
comunione, rimase viva a lungo e nostalgicamente conservata nella memoria come uno dei
fatti più cari dellinfanzia.
Per linsegnamento del
catechismo ai fanciulli introdusse una grande novità per allora, le proiezioni luminose,
istituita da mons. Angelo Zammarchi. Aveva una cura speciale per la salute dei fanciulli e
senza mai sostituirsi ai sanitari, dava molti consigli soprattutto di igiene. Si
interessava dei loro studi e si soffermava sovente in mezzo a loro. Purtroppo non fu
coadiuvato in tutto questo lavoro dal clero, il quale, invece di aiutarlo, gli sollevò
varie difficoltà.
Lapostolo delle anime
Così portava i bambini e i ragazzi alla
soglia della giovinezza e li seguiva sempre come un padre austero e buono. Della gioventù
femminile si occupò con molto tatto e con varie iniziative. E. non poteva essere
altrimenti. Ogni prete sente che la questione della donna è intimamente legata a quella
della famiglia e che questa sta al centro della società, di cui è cellula. Il Tadini si
mostrò un severissimo tutore della dignità della donna. Fu fondatore delloratorio
femminile che inaugurò solennemente: diede una divisa bianca e celeste a tutte le ragazze
del paese e le affidò allImmacolata Concezione; dettò regole che, se oggi possono
sembrare strette, allora educarono tutta la gioventù femminile del paese ad un autentico
cristianesimo. La predica domenicale, i ritiri mensili, gli esercizi spirituali, qualche
piccola festa, specialmente al tempo di carnevale, le osservazioni e i richiami privati
furono i mezzi e i modi della sua educazione.
Per i giovani iniziò una
specie di oratorio; perché un vero oratorio non lo poté organizzare per mancanza di
collaborazione. Coltivò in modo particolare i chierichetti del servizio divino,
alcuni dei quali avviò alla carriera ecclesiastica. Soprattutto assisteva i giovani nella
scelta dello stato, della professione, e quando poteva li aiutava. Lunghe ore di
confessionale furono spese per questa formazione. Soprattutto diventava paterno quando si
trattava di fidanzamenti in preparazione alle nuove famiglie, seguite da lui sempre nelle
loro fortunose e non facili vicende. Ma in modo speciale era al capezzale degli infermi
ove si mostrava la sua paternità. Così il buon Pastore pasceva le sue pecorelle dalla
culla alla tomba.
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Don Arcangelo Tadini non si
accontentò
di chiamare le anime, di assisterle spiritualmente;
volle suscitare tutta una serie di opere
che organizzassero la parrocchia
e le dessero un fremito di vita.
Il Tadini era un grande
organizzatore.
In lui era un succedersi di progetti,
un tentare cose nuove, un sognare continuamente,
un realizzare il realizzabile.
Questuomo taciturno
popolava la sua mente,
i suoi ritiri in Canonica, i suoi raccoglimenti da anacoreta,
i suoi silenzi lungo la via, di opere infinite varie
delle quali la limitazione delle finanze e della salute
gli impedirono di realizzare pienamente.
Ma molte ne sorsero e
rimasero. |
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La Casa Madre delle Suore
Operaie a Botticino (Brescia) |
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E naturale che sorgessero opposizioni. Tanto più che
il carattere dellarciprete era rettilineo, energico, non ammetteva repliche. Se lo
seguivano accettava la collaborazione, altrimenti camminava da solo, zoppicando; ma
andava. Un parrocchiano che lo conobbe bene disse di lui: "Il Tadini era un uomo che
chissà quale meccanismo aveva in testa. Chi sapeva che cosa continuava a pensare? Era
sempre il moto perpetuo ". Avrebbe voluto che la sua parrocchia offrisse alle sue
anime tutto ciò che esse desideravano in modo che si andasse fuori paese il meno
possibile.
Riorganizzò le figlie di
SantAngela per le donne, e le figlie di Maria per le ragazze. Per le donne e per gli
uomini fondò, secondo i canoni della chiesa, le Congregazioni del SS. Sacramento, che non
cerano più. E per gli adulti che volevano dedicarsi a vita di pietà fondò
il terzOrdine francescano. Perché tutti gli uomini sentissero, la sua parola, li
tratteneva alla terza del mese in chiesa, ove di solito parlava contro la bestemmia,
labuso dellosteria, e il ballo. Soprattutto si preoccupò di far
santificare la festa. Erano tempi in cui tutti venivano alla dottrina, attratti dalla sua
parola, e in cui, al tempo della dottrina, si chiudevano le osterie. Ma
perché il popolo amasse la sua parrocchia e non lasciasse il paese, organizzò in modo
grandioso, varie feste lungo lanno: la festa della Madonna Addolorata per le
mamme, la festa delle Palme, le Quarantore, le feste di San Luigi, la processione al
cimitero alla sera dei santi, i Tridui con quel gran macchinone che andava fin sotto il
volto della chiesa e destava sempre meraviglia.
Paramenti nuovi, addobbi,
arcate in chiesa e in paese costituivano una caratteristica di questi " Festoni
", come si dicevano allora. Per questo restaurò nel 1893 lorgano, istituì la
scuola di canto diretta da lui, introdusse il canto gregoriano sconosciuto prima, insegnò
a diversi a suonare larmonium; e soprattutto nel 1892 fondò il corpo bandistico in
paese, che sollevò tanto entusiasmo e ottenne il secondo premio nel concorso bandistico
del 1896 in occasione dellincoronazione della Madonna delle Grazie. Nel 1893
restaurò la facciata della chiesa, e rinfrescò tutto linterno deperito dal tempo
della costruzione della chiesa; distrutta per un incendio la pala, forse del Campini, ne
fece fare unaltra da un pittore di Verolanuova, il Galperti.
A queste opere strettamente
parrocchiali il Tadini aggiunse tutta una serie di opere assistenziali del paese. Tentò
di organizzare, senza riuscirci, una linea tranviaria che congiungesse Botticino a
SantEufemia: si capisce, tram a cavalli, come tutti gli anziani ricordano da
SantEufemia a Brescia.
Nel 1893 venne da lui fondata la società di Mutuo Soccorso. E da ultimo, per impedire che
le ragazze uscissero di paese in cerca di lavoro, ecco la fondazione della filanda.
E con la filanda incominciò il calvario per il povero arciprete.
La Filanda
Botticino, paese di piccoli
coltivatori e di numerosa prole, vedeva molto spesso la gioventù esulare dal paese in
cerca di lavoro. Così anche le ragazze andavano fino a Lonato a lavorare in una filanda.
Tadini non poteva sopportare tutto quel disagio: " Mi è di grande dolore veder
partire le mie figliole. Mamme, se appena potete, tenetele a casa; pazientate e vi
prometto che penserò qualche cosa per rimediarvi ". Gli venne lidea, grandiosa
per quei tempi, di costruire una filanda nuova. Coltivò lidea e passò
allattuazione. Fece da ingegnere, da direttore dei lavori, da amministratore. E
sorse la filanda. Ma quante opposizioni e quanti dolori costò questo fabbricato
allarciprete, che aveva avuto di mira solo il bene del paese e non il proprio
interesse. Venne imbrogliato da molti, tanto che consumò il suo intero patrimonio privato
in quellimpresa: e gli rimase ancora un largo debito che costituì il suo cruccio
per tutta la vita.
Nel 1898 la filanda si
apriva e vi entrarono a lavorare tutte le ragazze dei paese e ne richiamò altre dei paesi
vicini. Bisognava collocare queste giovani in un pensionato o in un alloggio per non
costringerle al viaggio di sera e di mattina presto.
Ed ecco allora lintrepido arciprete affrontare unaltra opera non meno grande
della prima: la compera della villa estiva dei nobili Mazzola con tutti i terreni annessi.
Nasceva così il convitto operaio affidato a dirigenti laiche con regole dettate dal
Fondatore. Era il più bel commento alla famosa " Rerum Novarum " che tanto
entusiasmo aveva suscitato nellanimo del Tadini.
La fondazione delle
Suore Operaie
Il Fondatore a un certo
momento pensò che, tanto in filanda quanto nel convitto, sarebbe stata ottima cosa che ci
fossero delle suore. E propose a varie congregazioni religiose di assumerne
lassistenza. Ebbe rifiuti dappertutto. Quando gli venne la proposta da un padre
gesuita, bresciano, Maffeo Franzini, di fondare una congregazione di suore operaie il
Tadini colse a volo lidea meravigliandosi quasi di non averla avuta prima. Ed ecco
nata la nuova congregazione: che è e rimane la più grande opera di Tadini: è e rimane
la più grande opera di Botticino, perché il nome del paese è ricordato ovunque si
trovano le suore operaie che guarderanno sempre a Botticino come alla culla della loro
congregazione.
Non si può immaginare
quanto costò al Fondatore la nuova Opera.
Nel 1900 si raccoglievano le prime dieci suore sotto la direzione di Madre Nazarena
Maffeis prima e di madre Chiara Febbrari dopo e iniziavano il loro apostolato. Le
difficoltà che le suore e il Fondatore dovettero incontrare furono parecchie e talune
veramente tragiche.
Vennero difficoltà in
primo luogo da parte di chi criticava la finalità della nuova istituzione. Non si
riteneva opportuno che delle religiose fossero operaie, perché si riteneva questa
missione poco conforme allabito, piena di pericoli, non confacente alla ritiratezza
religiosa. Questi pregiudizi rimasero a lungo in alcuni sacerdoti che avevano autorità in
convento, morto il Fondatore, e che avrebbero voluto cambiare finalità alla novella
congregazione. Ma il Signore, mediante la Compagnia di Gesù, che sempre protesse
listituzione delle suore operaie, non permise che si alterassero le linee primitive
dellopera.
Altre difficoltà vennero da alcune prime suore che, poco avendo approfondito lo spirito
della nuova congregazione, e per troppa indipendenza di giudizi o di critica, gettarono
per un certo tempo il malumore fra le prime compagne, senza riuscire a nulla.
Difficoltà gravi vennero
dallo stato di salute di alcune consorelle che si accoglievano con facilità dato
lentusiasmo degli inizi, e ammalatesi, paralizzavano la vita della nuova istituzione
che aveva soprattutto bisogno di elementi sani per il lavoro, spesso molto pesante.
Tutta una gravissima serie
di difficoltà venne dalla situazione economica del Fondatore, in un certo momento
allorlo del fallimento. Le economie che il Fondatore e le suore dovettero fare in
quei momenti furono veramente eroiche: nel vitto, nel vestito, nel modo di vita. Il
sistema vegetariano, non imposto, ma largamente usato, anche come imitazione del superiore
che lo praticava rigorosamente, provocò una visita apostolica da Roma che cercò di
fondere la nuova istituzione con le Ancelle della Carità di Brescia. Ma la divina
provvidenza non permise la distruzione dellopera. Essa venne lodata dal visitatore e
lasciata vivere.
Tutto ciò diffuse attorno
alla nascente opera la reputazione di istituzione ove le suore morivano di fame e
regolarmente si ammalavano in breve tempo. E ciò spaventava le nuove vocazioni.
Il Fondatore dovette soffrire insulti, provocazioni, di chi si accaniva in tutti i modi
contro la sua fondazione e la voleva distrutta.
Essa invece prosperava. Il bene che faceva in filanda fu a lungo ricordato dalle donne che
lavevano frequentata. Lo spirito religioso, lamore al lavoro,
allausterità, alla pietà affinavano lanima delle suore rendendole atte
allalto compito.
Così in Botticino si
formava una congregazione religiosa, ancora oggi originalissima e quanto mai moderna. Quel
lavoro manuale veramente benedetto dai sudori del Figlio di Dio a Nazaret e che il
materialismo egoistico del mondo moderno, con il capitalismo, minacciava di ridurre a una
forma di schiavitù, apparentemente diversa dallantica, ma sostanzialmente identica,
veniva benedetto dalla comparsa delle suore che si misero accanto alle loro compagne
operaie per vivere con esse il loro diuturno lavoro e di soffrire con esse la quotidiana
vicenda del pane, del sudore, dellobbedienza, della fatica.
Attualmente la
suora operaia, ricca del dono di Dio, serve i fratelli:
in Italia: nelle
fabbriche, mense, laboratori, ambulatori, scuole materne, opere assistenziali per minori e
anziani, nelle case per ferie, nelle opere parrocchiali; organizzando ritiri, esercizi,
incontri giovanili, campi scuola;
allestero:
emigrata con gli emigrati lavora in fabbrica, presta assistenza sociale, segue i bimbi
nelle scuole materne e nei nidi, visita le famiglie, gli ammalati, aiuta il missionario
nelle varie attività di catechesi;
in Africa: le Suore
Operaie servono i fratelli insegnando nel laboratorio di cucito e maglieria, nel Foyer
Social (scuola di promozione della donna alla vita umana, sociale e cristiana), curando
nel dispensario, catechizzando nel catecumenato.
Grande è stata ed
è lopera del Tadini. Egli la seppe cavare dalla sua anima sacerdotale piena di
grandi virtù.
Qualcuno forse lo
ricorderà un po assolutista, energico, accentratore, inflessibile. Ma tutti gli
dovettero riconoscere unanima casta e intemerata; uno zelo ecclesiastico ardente; un
disinteresse assoluto così che spese tutto il proprio avere per gli altri;
unausterità a tutta prova da farlo vivere poveramente e in perpetuo digiuno senza
mai lamentarsi degli acciacchi e dei gravi dolori che lo travagliarono per tutta la vita;
soprattutto uno spirito profondo di preghiera che lo tratteneva lunghe ore in chiesa in
serafica contemplazione, con gli occhi fissi al tabernacolo.
Il suo 25° di parrocchiato
fu un trionfo in paese. Qualche mese dopo, precisamente il 20 maggio 1912, volava al cielo
povero di beni della terra e ricco di meriti eterni.
Rimane di lui la Congregazione delle Suore Operaie pronta a diffondere nei mondo il suo
spirito dinamico, forte, organizzatore, fatto di intraprendenza apostolica, di preghiera,
di penitenza, di carità e di povertà.
Rimane lesempio di un
grande sacerdote che tutto diede per puro amore cristiano e visse tutta la sua vita per la
cara parrocchia di Botticino Sera che vuoi rimanere fedele a quel cristianesimo sociale e
democratico di cui Tadini fu uno dei pionieri.
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Studiando il Tadini nella sua molteplice
opera,
nei suoi scritti e nelle sue relazioni
veniamo a conoscere
il sottofondo del suo pensiero,
che non è stato esplicitato da lui,
ma lo si deve supporre dalla evidenza
del come egli ha operato.
La stessa società che si configurò dopo
di lui
maturò ciò di cui essa pure non aveva avvertito. |
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La Filanda a
Botticino (Brescia) |
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La prima intuizione che ebbe fu che una società ha unarea che la limita e ha dei
gruppi di azione, di potere che la articolano. Non importa che quellarea si
chiamasse parrocchia e quelle articolazioni si chiamassero congregazioni. Il fatto è che
egli trattò unitariamente la sua società sacrale in cui fece in modo che sorgessero
nuclei viventi.
Chi vede lontano nelle dimensioni sociali sa che la società, oggi più che mai, si avvia
alla morfologia sociale: della comunità e dei gruppi.
La sua seconda intuizione, non
frutto elaborato dalla mente, era la differenza sostanziale fra società e stato.
Differenza che è accettata dalla sociologia in modo informe, ma addirittura ignorata
dalla prassi politica. Dello stato Tadini non si interessò mai. Contestatario fin dalla
gioventù contro lo stato liberale massonico, si radicalizzò nellopinione del
famoso slogan (né eletti, né elettori). In tutti i suoi scritti non c'e una allusione
allo stato. La famosa frase era certamente politica perché non tanto rifiutava lo stato,
ma lo stato del regno dItalia, nella sua forma anticattolica, fatalmente
strumentalizzata da tutte le leghe atee dellepoca, per cui lo stato agiva in forma
peggiore di quello che non fosse la sua legislazione.
Così si spiega come i più
ostinati oppositori dello stato furono i più illuminati riformatori sociali
nellinteressarsi ed impegnarsi per una società più giusta, nellelevazione
del lavoro a una condizione più dignitosa e rispettata.
Veniamo così a capire
ancor meglio il Tadini, quando in un paese di piccoli proprietari agricoli ebbe pensato di
consolidare ed allargare il lavoro industriale. Il Tadini volle rendere la parrocchia una
comunità autosufficiente. Non volle che la ricerca del lavoro fosse altrove dispersiva.
Volle che si desse al lavoro una sua nota spirituale con la presenza di chi si ispirava a
Cristo lavoratore. Volle che il lavoro avesse non un rapporto di rottura, ma di fusione
nella comunità sentita come fraternità.
Cercò, per quanto gli fu
permesso da chi lo aveva deluso nella sua impresa, che il lavoro venisse considerato con
la dignità di una mercede; togliendo dottrinalmente col termine "dignità" ogni
sfruttamento e con la parabola dei lavoratori della vigna ad ore diverse del giorno,
insegnando che i minimi di paga fossero calcolati in base a questa dignità e cioè a una
sufficienza per la vita in base a un puro e semplice parametro economico per
indiscriminata diversità di salari come ancora attualmente si nota, specialmente nei
minimi di paga.
E fece capire che il
lavoro, per chi era senza, era fame e pena nellattesa di unassunzione; che era
fatica quotidiana resa ancora più pesante ove una politica di tensione da parte dei due
fattori della produzione " lavoro-capitale " esistono non per la pura
capitalizzazione, ma per la distribuzione in funzione di un consumo e di un livello più
alto della vita.
E se il lavoro è fatica
quotidiana è sorgente di intelligenza, di fraterno aiuto, di consapevolezza umana e di
meriti di fronte agli uomini e a Dio.
Fu un gesto audace il suo di orientare le vocazioni religiose come lavoro, quasi
pronosticasse quanto oggi si tenta di fare non come scelta e formazione vocazionale, ma
come improvviso ed idealistico rimedio, in un aspetto polemico di rottura, quindi in forma
deteriore.
Tadini tuttavia non fu un
avventuroso dellapostolato, né un servile allautorità; non ebbe bisogno né
dei "boss" della borghesia, né del classismo per cristianizzare.
Tadini rimase povero, cristiano, operatore sociale. Ammalato durante tutta la sua vita, da
sé, con laiuto degli umili, seppe creare una schiera di donne sociali, religiose,
dedicate al lavoro. Da questo punto di Vista merita tutto il nostro rispetto e la nostra
ammirazione.
Il Tadini zoppicò sì
nelle gambe, ma non zoppicò mai nel cervello. Non aveva uccelli in gabbia e fiori nei
vasi; ma se li godeva nel suo libero giardino, ove passava molte ore solitario e
silenzioso. Le lunghe ore trascorse in canonica, in Chiesa e nel suo " convento
operaio " favorite dalla difficoltà della deambulazione, erano impiegate nella
preghiera, nello studio, nella meditazione del suo mondo di lavoro e in colloqui con chi
avendo scoperto nellintimità, la felicità di superare il proprio timore, trovava
una mente limpida, un cuore aperto, una signorile conversazione, una paterna capacità di
consiglio, veramente illuminanti e confortanti.
Quando nel 1912 morì, non
aveva ancora visto la sua opera approvata dallautorità ecclesiastica; non aveva
ancora pagato tutti i suoi debiti; non aveva avuto la netta sensazione di essere stato
capito. Per questi motivi la sua morte fu una lenta agonia.
Ma aveva lasciato al Vescovo un organismo religioso vivo. Aveva lasciato alle religiose i
mezzi per soddisfare tutte le pendenze; e aveva egli stesso la netta sensazione di aver
agito giustamente.
Per questi motivi la sua
agonia fu piena di speranza, di serenità. E la storia gli diede ragione.
La sua opera fu approvata e dichiarata libera di muoversi come doveva e oggi è di diritto
pontificio.
Le sue .solvenze vennero soddisfatte tutte senza residue debitorie. LOpera delle
Suore Operaie, nonostante le opposizioni dallesterno, ritornò al vecchio spirito
del Servo di Dio don Arcangelo Tadini, suo fondatore.
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"Un carisma per il
nostro tempo"
così è stato definito, in maniera felice e appropriata,
don Arcangelo Tadini.
Non ignoriamo che oggi della
parola " carisma "
si fa abuso; e del bisogno di aggiornamento
al nostro tempo si è troppe volte tratto spunto
per strumentalizzazioni di comodo.
Ma, nei riguardi di don Tadini
non esiste il pericolo di adattamento di comodo: soprattutto perché del carismatico e
dellilluminato
don Tadini non sè mai dato laria.
Possiamo tranquillamente
affermare che
la realtà carismatica è inversamente proporzionale
al chiasso che se ne fa. |
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La Canonica di
Botticino (Brescia) |
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Don Tadini fu uomo e prete di paese, sobrio, probabilmente rude e austero, coniato secondo
un cliché che non esiteremmo a definire allantica. Fu soprattutto uomo di Dio e
profondamente umano: fedele a Dio e fedele alluomo. Per sintonia immediata,
acquisita con esercizio virtuoso, più che per spontaneità naturale. Uno di quei
personaggi che non finiscono mai di stupire per lapparente contraddizione che
esprimono: uomo dordine, e invece profondamente innovatore; uomo legato alla
tradizione, e invece decisamente aperto ai problemi del suo tempo, addirittura spalancato
sullavvenire, che intuì e preparò, pur nella fedeltà al suo momento storico.
La nostra stagione storica
è tutta contrassegnata dalla presenza carismatica di questi uomini di Dio: che hanno
preparato tempi nuovi senza darsene laria. Come papa Giovanni, cresciuto secondo una
spiritualità e una mentalità decisamente tradizionale e devozionale, eppure così
spalancato con libertà e inventiva sul nostro tempo. Quasi a testimoniare
che il carisma è dono di Dio, e non frutto di iniziativa umana; e che di esso sono
particolarmente disponibili gli intimi di Dio, qualunque sia la loro estrazione
socio-culturale; è la fedeltà a Dio, assieme allapertura agli uomini senza
schematismi prefabbricati e senza ideologie, a fare il carismatico. Indubbiamente ci
troviamo in un campo di alta spiritualità, i teologi parlerebbero giustamente di vita
mistica.
Quale fu il carisma
di cui don Tadini fu arricchito per il nostro tempo?
Fu laver
intuito " per rivelazione del Padre, non della carne né del sangue "
(Mt. 16) che la realtà storica e il mondo del lavoro sono luogo privilegiato nel
nostro tempo per attuare la salvezza e la liberazione delluomo.
Sono così sorte le Suore
" Operaie ". Una piccola congregazione tra le molte, senza pretese, nata dal
cuore cristiano e nutrito di fede di don Arcangelo Tadini. Quando si parla di suore "
Operaie " fuori di Brescia, molti domandano se il termine sia dordine simbolico
(così come si parla di " Figlie del Sacro Cuore", odi "5. Giuseppe"
odi "S. Paolo":
si stenta a far capire che si tratta di suore " Operaie " nel senso reale della
parola. E si tratta di unesperienza che vive dallinizio di questo secolo: è
una profezia, certamente.
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Don Arcangelo Tadini fu un
sacerdote
di alta spiritualità e di intenso apostolato
pastorale e sociale.
La sua alta spiritualità si
manifesta nella sua vita
che ha gli aspetti viventi delleremita,
che vive nella sua canonica, divenuta casa di silenzio,
di orazione, di studio e di veglia notturna.
Si manifesta come presenza
nella sua parrocchiale
che proclama sua "sposa "e che adorna amorosamente. |
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La Chiesa di
Botticino (Brescia) |
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Vi passa lunghe ore in confessionale, in contemplazione infocata nellimmobile
fissità del tabernacolo; fissità che la gente contempla commovendosi; sempre in piedi,
non genuflesso per la gamba destra anchilosata, oppure piegato sul banco appoggiandosi
sugli avambracci per sostenersi.
Lungo le vie della parrocchia
passa raccolto, in preghiera, con la corona del rosario, zoppicando faticosamente per le
vie collinari del paese.
Si manifesta nella sua
predicazione emozionata ed emozionante, fervorosa, focosa, qualche volta impressionante
nelle descrizioni; nei richiami, nelle implorazioni: tutti si accorgono che quel che dice
lo sente profondamente; si commuovono, piangono, rimangono interdetti, si convertono.
La sua opera pastorale
venne svolta con una presenza assidua e costante alla sua residenza, assentandosi solo per
cura; organizza i fedeli della sua parrocchia in tante congregazioni o gruppi per ognuno
dei quali coltivò lo spirito particolare in tutti i modi possibili; seguì gli ammalati
nonostante camminasse zoppicando, con una gamba rigida che gli causava dolori continui, in
un paese collinare.
Fu un sacerdote di grandi
qualità come confessore e direttore di spirito, diligente per lunghe ore al
confessionale, accogliendo tutti come uomo particolarmente dotato nella discrezione degli
spiriti, conoscendo, prevedendo e preannunciando molte cose dello spirito a tante persone
che si consigliavano.
Coltivò la carità in modo
eroico consumando tutti i propri averi, privandosi di tutto, fondando una congregazione
religiosa di suore che avrebbero lavorato per le operaie, come operaie esse stesse,
prevenendo i tempi di oggi in una stupenda previsione. Per questa opera affrontò
difficoltà gravissime finanziarie, lincomprensione di quasi tutti, le opposizioni
accese fino alla calunnia, alle minacce di fallimento, alle restrizioni più inaudite,
allabbandono.
Fu un uomo e un sacerdote
di una penitenza eccezionale per malattie sopportate in tutta la sua vita, per un digiuno
e unastinenza ridotta sostanzialmente a soli cibi vegetali, a bevanda esclusivamente
di avena, a un orario giornaliero che conosceva lalzata alle ore tre del mattino
tutto lanno e il ritiro alle ore nove di sera. Questa penitenza era praticata come
mortificazione e come vita austera di povertà.
Fu impassibile agli onori
(ne ebbe pochi nella sua vita) e alle molte umiliazioni che dovette subire, da chi lo
insultò pubblicamente con titoli di ogni genere, con chi lo offese materialmente in vario
modo e in vari mezzi, e con chi gli diede fastidi legali che egli sciolse sempre, perché
sempre dalla parte della ragione.
Queste opposizioni e
calunnie e dicerie di persone vicine e lontane, lo trovarono sempre sereno e tranquillo, e
senza manie di persecuzioni, senza complessi emotivi, senza pentimenti, perché uomo forte
e giusto.
Tutto questo spiega come la
sua virtù fu eroica per il modo in cui venne vissuta, perché costantemente praticata in
tutta la sua vita, progressivamente in aumento lungo i suoi anni, fino al distacco
completo da tutto e da tutti. Visse così in adorazione di Dio, in preghiera continua
verso Gesù, in tenera devozione verso Maria Santissima, in una fedeltà a tutta prova
alla Chiesa, al Papa, al suo Vescovo, verso i quali fu obbedientissimo e dei quali fu
tenace difensore in tempi razionalisti e bestemmiatori.
Ogni sua eroica virtù e la
sua fondazione non poté passare inavvertita e il 5 dicembre 1959 si iniziava il processo
diocesano del servo di Dio don Arcangelo Tadini che si compiva felicemente nel 1963.
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