Parlare di
Don Tadini e della sua Opera qui a Verolanuova, nella sua terra natale, mi carica di
grande emozione. Fare memoria di lui questa sera è risentirlo vivo in mezzo a noi, è
guardare a lui come modello da imitare nel cammino che anche per noi è cammino di
santità.
Per capire il Tadini e le sue opere bisogna
proprio partire dalla sua santità. Abbiamo sentito molte volte in questo tempo (anche
questa sera) affermare che Don Tadini fu un uomo tutto di Dio, assorto costantemente in
Dio affermano molti testimoni ma anche un uomo tutto degli uomini.
Lessere assorto in Dio non lo distoglie dai problemi della sua gente, anzi è
proprio questo suo vivere col cuore e la mente sempre rivolti al Signore che gli
permettono di pensare ed attuare innumerevoli iniziative, fino alla costruzione della
filanda e alla fondazione delle SUORE OPERAIE.
Il denominatore comune delle sue molteplici
realizzazioni è la sua santità, ma anche la sua pastoralità; una sincera e
disinteressata volontà di andare incontro ai bisogni materiali e spirituali dei suoi
parrocchiani. Come un buon padre egli si preoccupa in tutti i modi del benessere
spirituale e materiale della propria famiglia e nulla lascia di intentato per preservarla
da ogni sorte di pericolo. Non ha paura del rischio, delle incomprensioni, delle calunnie,
delle sofferenze... .se questo lo richiede il bene della sua gente.
A partire da questa premessa ben si capisce
come il Tadini fondatore delle Suore Operaie, affondi le sue radici nel Tadini Parroco: è
la preoccupazione di evitare alle sue giovani pericoli morali ed incontri pericolosi con
le nuove dottrine, che lo spinge alla fondazione della filanda prima e della Congregazione
religiosa poi.
Siamo alla fine dellottocento, in
Italia e in Europa urgono bisogni nuovi e si richiedono rimedi nuovi. Don Tadini avverte
che la Chiesa è chiamata in causa da chi soffre, e chi soffre ai suoi occhi sono gli
operai e le operaie delle fabbriche e delle filande, gli scalpellini del suo paese, i
cavatori di pietre.
In particolare, come parroco e responsabile
del gregge a lui affidato, è sempre più angustiato della mancanza di lavoro per le sue
giovani che si vedono costrette ad emigrare in altri paesi in cerca di lavoro e finire
nelle filande, ambienti malsani fisicamente e moralmente. Partono il lunedì molto presto,
a piedi e tornano il sabato. Tornano diverse da quando sono partite. Lavorano 12\14 ore al
giorno, con le mani nellacqua bollente, in ambiente umido ed un aria quasi
irrespirabile.
Don Arcangelo le vede tornare sfinite,
sembrano "limoni spremuti" dirà lui stesso. Un giorno durante la catechesi si
rivolge alle mamme dicendo: "Mi è di grande dolore veder partire le mie figlie.
Mamme, se appena potete tenetele a casa, portate pazienza e vi prometto che penserà io a
qualcosa". Don Tadini non è architetto né geometra, eppure progetta lui stesso la
filanda e inizia la costruzione forse fidandosi troppo dei suoi collaboratori; dà fondo
alle sue risorse patrimoniali e chiede un prestito alla banca.
Nel 1895 la filanda è in funzione con
strutture e impianti allavanguardia. Il posto di lavoro è assicurato alle giovani
di Botticino e ad altre di paesi vicini per le quali acquista la Villa Zani e la adibisce
a convitto. Don Tadini potrebbe essere soddisfatto, e invece no, il suo sogno non è
pienamente realizzato. Egli avverte che accanto alle giovani del convitto e della filanda
ci sarebbe bisogno della presenza di persone consacrate. Dapprima si rivolge a diversi
Istituti religiosi chiedendo Suore che siano educatrici, non stando in cattedra ad
insegnare, ma mettendosi vicino alle operaie, allo stesso banco di lavoro. Inutilmente.
Già era ritenuto poco dignitoso per una donna entrare in fabbrica tanto più Io era per
la donna consacrata.
Come sempre don Tadini non indietreggia
davanti alle difficoltà. Nel 1900 fonda lui stesso una nuova famiglia religiosa: le SUORE
OPERAIE della 5. Casa di Nazareth, con il compito di "entrare negli opifici e negli
stabilimenti industriali non tanto a dirigere e sorvegliare, quanto a lavorare insieme con
le operaie, facendosi esse stesse operaie"(Sono le linee fondamentali della nuova
Istituzione presentata da don Tadini al Prefetto della Congregazione dei Religiosi). Le
Suore non saranno insegnanti, non capi, non maestre, ma semplici operaie.
Don Tadini mette davanti alle sue Suore il
modello di Gesù lavoratore a Nazareth, che "nella redenzione sono parole sue
non solo sacrificò se stesso sulla croce, ma per trentanni non si vergognò
di maneggiare la pialla, la sega ed altri attrezzi da falegname, così che le sue mani si
devono essere incallite, la sua fronte dovette essere madida di sudore". Nella
concezione del Tadini il lavoro non è una maledizione, come a volte erroneamente si è
pensato, ma è il luogo dove luomo è chiamato a realizzarsi come uomo. Di più: il
lavoro, se accettato nella fatica e nelle sue difficoltà, permette alluomo di
cooperare alla redenzione.
Il Tadini intuisce che bisogna avviare una
comprensione più positiva del mondo del lavoro: non più una fucina di visioni atee od
avverse alla Chiesa, ma un ambiente bisognoso del fermento evangelico. Un mondo da
incontrare, non da contrastare. Questa sua intuizione prende vita in mezzo a innumerevoli
difficoltà e persecuzioni. "Le tribolazioni sono il timbro delle opere di Dio"
affermava ripetutamente il Fondatore. Egli nellumiltà e nellobbedienza non si
arrende alle difficoltà, alle incomprensioni, ai sospetti, alle calunnie, egli va avanti,
certo che lopera a cui ha dato inizio è "la più necessaria, la più
importante, la più calda di palpitante attualità" (sono parole sue scritte a Mons.
Sarti nel 1908 prevedendo la Visita apostolica.
Vorrei ora ripercorrere con voi la vicenda
storica della fondazione delle SUORE OPERAIE che fin dallinizio si è rivelata
difficile e travagliata. Dalla documentazione, accanto a Don Tadini appare la figura di
Padre Matteo Franzini, della Compagnia di Gesù, consigliere e sostenitore del Tadini nel
consolidamento della filanda, del convitto e della congregazione. La collaborazione del
Padre Franzini è occasionale e rimane marginale nella fondazione delle SUORE OPERAIE, lui
stesso Padre Franzini ha sempre considerato e riconosciuto il Tadini come
vero ed unico fondatore delle SUORE OPERAIE.
La storia della fondazione ci parla di due
momenti.
Il primo è costituito dal tentativo di
Leopoldina Paris presentata al Fondatore da Padre Franzini (quella che Del Rio
nellultima biografia del Tadini "Il Tessitore di Dio" presenta come
signorina poliglotta che ben presto si disanimò e abbandonò lidea..)
Il secondo momento è costituito dalla
fondazione voluta dallo stesso Tadini e che si svilupperà nel corso degli anni con
inaudite difficoltà.
Il primo tentativo: siamo verso la fine
dell800, don Tadini ha sanato il dissesto finanziario della costruzione della
filanda e acquistato la Villa Zani (attuale Casa Madre), con lintento di organizzare
un convitto per le operaie che giungono da altri paesi per lavorare nella filanda. La
direzione del convitto viene affidata dallo stesso fondatore ad alcune Figlie di S. Angela
del paese. Nel frattempo egli si rivolge a vari Istituti religiosi per chiedere suore da
affiancare alle giovani nella filanda e nel convitto. Bussa a molte porte, ma i rifiuti si
rinnovano continuamente. Tadini intuisce chiaramente il motivo: cè chi ritiene poco
dignitoso mandare delle persone consacrate nelle fabbriche, viste come luogo di malcostume
e di perdizione. E cè chi ancora sospetta di lui a causa delle difficoltà
economiche incontrate nellimpianto della filanda.
Contemporaneamente Padre Franzini, dotato
di grande zelo apostolico ma spesso idealista, per cui non riuscirà a concretizzare
nessuna delle sue idee, è preoccupato della trascuratezza della gioventù maschile e
femminile e pensa di fondare due istituzioni: i Luigini (si ricollegava a S. Luigi patrono
della gioventù maschile per la gioventù maschile e le suore operaie per la gioventù
femminile.
E questo il contesto in cui nasce la
coincidenza che permette il primo tentativo di fondazione delle SUORE OPERAIE. Franzini
incontra Leopoldina Paris, una ex canossiana colta e preparata, che per le sue qualità è
ritenuta dal Franzini atta allopera che sta progettando nella sua mente. Venuto a
conoscenza che il Tadini, dopo la costruzione della filanda e la compera della Villa Zani
adibita a convitto per le operaie, è in cerca di Suore per lassistenza sul lavoro e
per il convitto, associa le due iniziative.
Incontra e si accorda con don Tadini, ed
invia la Paris con un gruppetto di cinque o sei giovani a Botticino per iniziare la nuova
opera. Le cose sembrano ben avviate, tanto che arrivano a Botticino nuove vocazioni.
Contemporaneamente però per il Tadini inizia il momento più difficile e umiliante della
sua vita: il fallimento finanziario per cui deve lasciare lamministrazione della
filanda, il sequestro in canonica, la perquisizione dei mobili, il sospetto della Banca
che gli nega ilo prestito, lincomprensione dei suoi confratelli e perfino del suo
Vescovo. Le compagne della Paris temono e lasciano tutto. Lei stessa, dopo aver resistito
ancora per un breve periodo alla direzione del convitto, si trasferisce altrove.
Tutto sembra dissolto, Il chicco di grano
caduto per terra sembra morire.
Ma Don Tadini persevera nel suo intento:
sul finire del 1899 aggrega lui stesso alcune aspiranti di Botticino, Figlie di S. Angela,
operaie della sua filanda, alle quali confida il suo progetto. E linizio della
nuova istituzione, ma è pure linizio di altre innumerevoli difficoltà, a riprova
di quanto il Fondatore amava ripetere: "Le tribolazioni sono il timbro delle opere di
Dio".
Non possiamo analizzare in questa sede
tutti i fatti avvenuti tra 111900, anno della fondazione e il 1930, anno del
riconoscimento del nuovo Istituto. Per la comprensione delle innumerevoli difficoltà
incontrate dal Tadini e dalla nascente Istituzione, rimando alla biografia del Fossati,
pubblicata nel 1977 e soprattutto alla Positio super virtutibus consegnata alla
Congregazione per le Cause del Santi nel 1992. lo mi limito soltanto a riassumere
brevemente quegli anni di grande tribolazione che di fatto ebbero uno svolgimento molto
più complesso di quanto io possa far emergere in questa brevissima sintesi.
Le prime e più gravi difficoltà del
nascente Istituto vengono dalla crisi economica. Per far fronte e ridurre i debiti
contratti dal fondatore per limpianto della filanda e per lacquisto della
Villa Zani, le suore intensificano il lavoro e restringono le spese di consumo. Ne risulta
una vita austera e penitente anche a causa del sistema vegetariano che il Fondatore
seguiva rigidamente e che aveva introdotto nella comunità delle Suore. Le molte ore di
lavoro in filanda in ambiente molto umido, il freddo rigido della stagione invernale, il
vitto scarso, i frequenti digiuni offrono terreno fertile al contagio della T.B.C che
provocano la morte di parecchie giovani suore.
A questa dura prova segue la visita
apostolica di Mons. Andrea Sarti, Vescovo di Prato, il quale pur riconoscendo la bontà
della nuova Istituzione, vede incerto il suo avvenire, per cui propone di far assorbire la
comunità di Botticino da una più sicura e stabile congregazione religiosa.
Iniziano così le trattative con la
Congregazione delle Ancelle della Carità di Brescia. Siamo nel 1910 e il Tadini si
dispone a sacrificare la propria creatura sullaltare dellobbedienza. Ciò
nonostante, egli continua a sperare per la sua Istituzione e così scrive a Padre
Franzini: "La Congregazione di Botticino non ha nulla da temere. Troppe furono le
difficoltà che ebbe a superare. Furono dogni genere, dogni persona,
dogni valore. Vennero da tutte le parti; da chi si aspettava e da chi non si
aspettava. Dio che lha voluta, la guida, la perfeziona, la conduce al suo termine.
Se verrà anche fusa non sarà che per brillare di luce più fulgida a rischiarare le
altre. Non è una esagerazione il dire che le supera tutte; anziché venir distrutta,
questa Congregazione verrà ricercata, lavora per le operaie e ne difende la salute.
E proprio listituzione del giorno è il toccasana della questione
sociale".
Il Fondatore è ormai ammalato e stanco, le
trattative per la fusione delle Suore Operaie con la Congregazione delle Ancelle della
Carità si stanno trascinando da lungo tempo senza approdare ad alcuna soluzione.
Il 2 novembre 1910, il Tadini sostenuto da
Mons. Gaggia, suo compaesano che lo stima moltissimo, si rivolge direttamente alla Sacra
Congregazione dei Religiosi e, difendendo la sua Istituzione con molto coraggio, presenta
le linee fondamentali del suo Istituto e il miglioramento del suo stato economico e chiede
alcune "grazie" tra cui quelle di poter accogliere nuove postulanti. La risposta
favorevole giunge due mesi dopo la morte dei Tadini avvenuta il 20 maggio 1912. Egli muore
senza avere la gioia di veder sicura la sua opera, ma la Congregazione è salva. Le
difficoltà però non sono finite, la morte del Fondatore segna per le Suore Operaie
linizio di un altro doloroso e lungo travaglio.
La Curia di Brescia, su richiesta della
prima Madre generale Sr. Chiara Febbrari nomina un superiore per la Comunità di
Botticino: Don Antonio Cargnoni, di grande spirito religioso, ma che non ha le idee
sociali del Tadini e non vede bene lo scopo specifico delle SUORE OPERAIE.
Lentamente incomincia a voler mutare la
finalità dellistituto e ad imporre alle suore di non più parlare del Fondatore. La
Regola approvata ad experimentum nel 1902 viene da lui stesso ritirata, con lordine
di bruciare tutti i documenti lasciati o usati al tempo di don Tadini: scritti, diari,
manuale di pietà e tutti i documenti che si riferivano alle origini della congregazione.
Cancellata la memoria storica della
nascente congregazione, don Cargnoni nel 1922 detta la nuova regola. In essa sparisce ogni
traccia del lavoro inteso come missione e imitazione di Gesù a Nazareth.
La situazione di precarietà e di
sofferenza per le prime figlie spirituali del Tadini si prolunga per ben 18 anni.
Con la morte del Cargnoni avvenuta nel 1930
la Congregazione, grazie allo zelo delle prime Madri generali, aiutate da attivi Padri
della compagnia di Gesù, torna alle origini della sua fondazione e ottiene
lapprovazione da Mons. Gaggia, vescovo di Brescia.
Finalmente si avverava quanto don Tadini
nel 1908 aveva scritto al visitatore apostolico, quasi profetizzando lavvenire della
sua Istituzione. "Questopera (la congregazione) è nel decimo anno di sua vita
e furono dieci anni di lotte sanguinose. Essa disprezzata da tutti, derisa , perseguitata,
pure priva dogni aiuto essa sola resistette, e resiste da sola a tutto, e quieta,
tranquilla, quasi nave in mezzo al più placido mare voga contenta al felice conseguimento
per cui è sorta".
Oggi attraverso le SUORE OPERAIE don Tadini
continua ad essere lapostolo dellamore di Cristo tra gli uomini e le donne che
lavorano.
Il bene morale del mondo del lavoro, la
promozione umana, la ricerca della giustizia sociale auspicata dalla Rerum Novarum e oggi
dalla dottrina sociale della Chiesa, ha spinto le Suore Operaie a varcare i confini del
mondo. Oggi siamo presenti in Italia, Svizzera, Inghilterra, Africa, Brasile.
La Chiesa proclamando "BEATO" don
Tadini "riconosce, insieme alla santità della sua vita, la validità della sua
intuizione pastorale: portare il Vangelo nel mondo del lavoro attraverso la presenza di
religiose che condividono il lavoro manuale dipendente. La scelta - che allora parve una
stranezza e un pericolo - mantiene ancora oggi, ne siamo convinte, il pieno significato
delle origini. |