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Padre Maurizio Malvestiti


 

 

Padre Maurizio Malvestiti
Al secolo: Fortunato Antonio Malvestiti

Malvestiti

Malvestiti

 

Antonio Fappani, "Enciclopedia Bresciana", Ed. La Voce del Popolo
MAURIZIO da Brescia — (Verolanuova, 17 febbraio 1778 - Brescia, 25 marzo 1865)
Di Francesco Malvestiti sarto e di Maria Maddalena Franchi. Al secolo Fortunato Antonio.

Trasferita la famiglia nel 1783 a Quinzano d’Oglio, il piccolo Fortunato vi compì i primi studi sotto la guida di don Luigi Piozzi e di don Pietro Pederzini. Passata la famiglia nel 1788 a Brescia, in rua Confettora, vicina al Convento francescano di S. Giuseppe, il ragazzo continuò gli studi nel ginnasio pubblico, maturò la vocazione religiosa, forse già affacciatosi a Quinzano dove pure esisteva un convento francescano. In questo convento entrava come novizio il 29 settembre 1794.

La proibizione da parte del Governo Provvisorio bresciano di emettere i voti prima dei ventun anni, convinse i superiori a mandarlo nel febbraio 1798 al convento di Ferrara per condurre a termine gli studi senza interruzioni. Qui iniziava nell’autunno dello stesso anno gli studi di teologia e la notte di Natale del 1800, con dispense di sei mesi, celebrava la prima Messa. Di ritorno a Brescia nell’agosto 1801, giunto a Verona ricevette durante una sosta nel convento di S. Bernardino l’obbedienza che gli imponeva di raggiungere Roma. Sistematosi nel convento di Aracoeli assumeva nell’ottobre 1801 l’incarico di lettore di filosofia, cui si aggiunse nel 1805 quello di lettore di teologia.

L’incontro fortuito avvenuto nel 1807 nelle catacombe di S. Sebastiano con il principe Luciano Bonaparte fratello di Napoleone, che si era sistemato l’anno precedente a Roma a villa Ruffinella, gli apri la via a novità determinanti. Il principe lo chiese come istitutore dei figli Luigi, Carlotta e Letizia e con il giovane frate iniziò un’amicizia, una collaborazione ed una consuetudine di vita durata quarant’anni che lo portarono in frequenti viaggi di studio a Firenze, Pisa, Viterbo ecc. e a lunghe villeggiature a Canino, dedicate alle ricerche archeologiche. Nel 1810 dovette decidersi a seguire il principe diretto in America. Salpati da Civitavecchia il 4 agosto, i due vascelli incapparono nei mari della Sardegna nella flotta inglese, che fece prigioniero tutto l’equipaggio trasferendolo dopo un soggiorno a Malta, in Inghilterra a London Warcester. Continuò a dedicarsi all’educazione dei figli del principe Luciano mentre andava ampliando sempre più i suoi interessi culturali anche all’astronomia e alle scienze naturali e perfino alla veterinaria.

Liberato nell’aprile 1814, nel luglio con il principe Luciano raggiungeva Roma e si sistemava nel convento di Aracoeli. Dopo la fuga di Napoleone (24 febbraio 1815) avendo deciso il principe Luciano di raggiungere il fratello a Parigi, ed essendo sprovvisto di passaporto, p. Maurizio accettò che si fingesse suo segretario e lo accompagnò attraverso un disastroso viaggio in Francia Parigi ebbe un indimenticabile incontro con l’imperatore che gli parlò della "buona città di Brescia" e dei suoi "bravi abitanti" e in termine lusinghiero del Papa che chiamò "santo". Mentre il principe Luciano si sistemava a Parigi, accanto al fratello, p. Maurizio riprese il viaggio verso Roma. Fermato a Milano dalla polizia austriaca, venne relegato nel convento dei Benedettini a Klagenfurt, da dove poté ritornare a Roma qualche tempo dopo, raggiungendovi il principe Luciano, ritornatovi per intervento di Pio VI e del card. Consalvi.

Riprese l’insegnamento della teologia nel convento di Aracoeli, fu ancora per anni consigliere e confortatore del principe in molte sue disgrazie e come precettore dei figli, fino alla morte avvenuta a Viterbo 1120 agosto 1840.Nel 1829 aveva pubblicato presso l’editore Tosoni di Viterbo quattro volumi del "Museum de Lucien Bonaparte prince de Canino Fouilles de 1828 à 1829".1118 febbraio 1837 gli veniva affidata la cronologia dell’Ordine, continuazione di quella celebre di Luca Wadding mentre contemporaneamente si adoperava alla ricostruzione dell’importantissimo archivio generalizio. In occasione di un’epidemia di colera del 1831 si appassionò anche agli studi di medicina. Soprattutto si dedicò alla musica componendo messe e pezzi vari studiando questioni di musica antica. Nel 1845 presentava all’Accademia Arcadica di Roma, una memoria sulla melometria dei canti biblici, cui aggiunse, pubblicandolo sul "Giornale di Roma" del 20 giugno dello stesso anno, un saggio dei primi versetti del "Cantemus Domino", poi ripresentato assieme all’Ateneo di Brescia il 17 gennaio 1847, suscitando vive polemiche del conte Luigi Lechi, che gli procurarono gravi noie. In questi lavori si sforzò di dimostrare che il metro e il ritmo della poesia ebraica non furono che un accordo di note musicali rispondenti alle lettere iniziali d’ogni sillaba di tutte le parole in ciascun verso.

A parte il risultato, bisogna sottolineare che a questo genere di studi egli fu il primo a dedicarsi. Studi e composizioni musicali si conservano ancona negli archivi milanesi dell’Ordine. Serie noie gli procurarono alcune interpretazioni delle Sacre Scritture, ma non gli impedirono la nomina a socio della Pontificia Accademia Romana di Archeologia (16 gennaio 1846) e di membro onorario dell’Accademia dei Nuovi Lincei (3 luglio 1847).Nel frattempo, alla fine del 1846, era ritornato a Brescia, nel convento di S. Giuseppe e nel settembre 1847 vi veniva nominato fino al 1850 Ministro Provinciale della Provincia Veneta di S. Antonio con la cura dei conventi di Venezia, Verona, La Motta Germana, Feltre, Milano e Barbarano (sul Garda).

Anche a Brescia acquistò presto grande prestigio. Nel 1848 si meritò la viva riconoscenza del Governo Provvisorio, della Commissione prigionieri e delle autorità sanitarie per aver ospitato volontari svizzeri, le truppe del gen. Anfossi, i volontari garibaldini, il battaglione studenti reduce da Curtatone e Montanara e per essersi adoperato nell’assistenza ai feriti di guerra. Celebre poi è la missione da lui’ compiuta il 1 aprile 1849 quando, infranta la resistenza di dieci giorni e sotto la minaccia di immani distruzioni, i responsabili affidarono a p. Maurizio la missione di pace presso il gen. Haynau comandante la piazza. Accompagnato da p. Ilario da Milano, assieme al cappellaio Pietro Marchesini, munito di grande bandiera bianca, p. Maurizio riuscì a raggiungere il Castello, ad ammansire il gen. Haynau e ad evitare la distruzione della città con gravissime stragi. Di tale ambasciata diede relazione nel 1850 alla principessa di Canino, vedova di Luciano Bonaparte. In seguito si adoperò ancora nell’opera di pacificazione risparmiando vendette e distruzioni.1110 aprile 1849 con Clemente Di Rosa e Bartolomeo Federici si portava a Milano dal feld-maresciallo Radetzky per chiedergli una diminuzione della gravissima multa imposta a Brescia, in risarcimento ai danni compiuti durante le Dieci Giornate.

Ormai conosciutissimo e molto stimato continuò in umiltà e spirito di servizio la vita di convento. Compiuto il triennio di provincialato, venne nominato Definitore dell’Ordine, e come tale riuscì ad acquisire all’Ordine il monastero di S. Angelo di Milano. Il vescovo Verzeri lo nominava esaminatore prosinodale. Nel 1855 si adoperò con slancio caritativo all’assistenza ai colerosi e nel 1856 in qualità di Commissario di Terra Santa per il Lombardo Veneto, si sobbarcò ad un lungo viaggio a Parigi per ottenere da Napoleone III la protezione sui Luoghi Santi e soprattutto sulla Custodia francescana, ottenendo non solo la protezione imperiale, ma anche la concessione di aprire a Parigi un commissariato per raccogliere offerte da inviare alla Custodia di Gerusalemme. Nel 1859 fu instancabile nell’assistenza ai feriti della battaglia di Solferino e S. Martino, trasformando la chiesa e il convento di S. Giuseppe in un affollato ospedale militare, ricevendo con gli altri religiosi le più ampie lodi delle autorità. Di passaggio a Brescia nel giugno 1859 Napoleone III lo volle presso di se per un giorno intero a Palazzo Fenaroli. Pochi giorni prima aveva ricevuto la visita di Luigi figlio del principe Luciano Bonaparte.

Gli ultimi anni furono da lui spesi nel tentativo di salvare i conventi francescani dalla soppressione decretata dal Governo italiano riuscendo a salvare il convento di S. Angelo di Milano. Nel frattempo lo coglieva, il 25 marzo 1865, la morte. Venne sepolto nel Cimitero di Brescia sotto la piramide che ha al centro la statua di don G. Rossini detto il "beàt curadì". Negli anni Quaranta la salma venne esumata e del religioso non si trovarono che il teschio e brandelli del saio. Un suo ritratto di Angelo Inganni si trova nel convento di S. Gaetano in Brescia. Di lui ci restano le solenni difese di teologia e filosofia sostenute a Ferrara e Bologna. Tra le sue pubblicazioni: "Carlo Magno" poema di Luciano Bonaparte, tradotto in terza rima; "Museum etrusque de Lucien Bonaparte prince de Canino-Vases peints avec incriptions" (Viterbo 1826-1829 in 40); "Melometnia dei cantici originali della Sacra Scrittura e particolarmente del Cantemus Domino" (riassunto in "Commentari dell’Ateneo di Brescia, per l’anno 1847). Anche se dimenticato di proposito dall’anticlericalismo del tempo, nel 1877 le autorità non poterono esimersi di dedicargli sulla salita di S. Urbano una lapide con l’iscrizione: "Il 10 aprile 1849 / per questa via coperta di cadaveri / fra l’imperversare della disperazione I padre Maurizio Malvestiti / venne al nemico sitibondo di truci vendette / il venerando aspetto la mite parola / poterono sugli efferati animi ".

Nel 1882 "Il Frustino" di Brescia, contrapponendo la figura di p. Maurizio a quella di Arnaldo da Brescia, dava il via ad una sottoscrizione per erigere un monumento al religioso francescano.119 aprile 1899 per iniziativa delle Società Operaie Cattoliche bresciane venne eretto su progetto dell’ing. Tagliaferri sulle pendici del Castello di Brescia, un monumento, con busto in bronzo opera di Francesco Pezzoli (1860-1905).

Antonio Fappani, "Enciclopedia Bresciana", Ed. La Voce del Popolo


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