Parrocchia angelodiverolaSan Lorenzo Martire in Verolanuova

 

Scuola Formazione Lettori

Lampada

a cura di Don Pierino Boselli arciprete di Verolavecchia
e responsabile dell'Ufficio Diocesano per la Liturgia.


 

LEZIONE 3

IL LEZIONARIO: CONTENUTI E ORDINAMENTO

 

1. Introduzione

Il 25 maggio 1969, dopo anni di intenso lavoro con la collaborazione di numerosi esperti in Sacra Scrittura e Liturgia e a seguito di ripetute consultazioni e sperimentazioni, veniva pubblicato il nuovo ordinamento delle letture della Messa: il lezionario appunto; un’opera poderosa e nuova nel suo genere. anche se ispirata alla tradizione liturgica di tutte le Chiese.

Il 21 gennaio 1981 veniva pubblicato nella sua forma integrale il fascicolo dei "Praenotanda", le Premesse al Lezionario; interessanti per il contenuto ricco e pregevole sul piano teologico, esegetico e celebrativo.

Questo incontro si propone di offrire una segnalazione degli aspetti più importanti con uno specifico rilievo ai criteri di ordinamento per un’utilizzazione pastorale più intelligente e più diligente, in modo da raggiungere quell’efficacia pastorale che resta il dichiarato scopo del Lezionario.

Il documento introduttivo non si limita a descrivere i principi metodologici che regolano la scelta dei brani biblici, ma indica anche i principi teologici fondamentali che giustificano la presenza della parola di Dio nella celebrazione liturgica e ne reggono l’interpretazione e l'attualizzazione. Analizzeremo il Proemio (l'introduzione), la Prima e la Seconda parte, cogliendone le istanze utili alla nostra prospettiva liturgico-pastorale.

2. L’INTRODUZIONE DELLE PREMESSE (Proemio)

Il proemio è una sintesi della riflessione teologica circa il rapporto tra parola di Dio e celebrazione, tra parola e azione liturgica in concreto e quindi con l’assemblea celebrante, con la Chiesa adunata in assemblea.

Vogliamo analizzare da vicino alcune affermazioni:

- A - La parola di Dio manifesta la sua molteplice ricchezza nella diversità delle celebrazioni liturgiche come nella diversità delle assemblee che vi partecipano. In questa ottica si realizza uno scambio e un arricchimento per:

  • la parola che riceve una "nuova efficacia e interpretazione";
  • la celebrazione che si fonda sulla parola e da questa trae forza per diventare un "nuovo evento" salvifico;
  • l’assemblea che rilegge la Scrittura nell’oggi di Cristo.

La liturgia dunque è luogo di una nuova ermeneutica biblica, quella stessa indicata da Cristo ai discepoli di Emmaus.

- B - Non una parte, ma tutta la Scrittura viene proclamata, l’Antico e il Nuovo Testamento, perché Cristo ne rappresenta il legame, il centro, la pienezza, la spiegazione. Il suo mistero, come la sua persona, è presente velato nell’antica alleanza come è presente svelato nella nuova. Unico è il mistero salvifico, quello di Cristo, nella fase della promessa e nella fase del compimento, come unico è il mistero celebrato nella liturgia della parola e nella liturgia sacramentale: ambedue lo rievocano e lo perpetuano.

- C - Questo vale in modo specifico per il mistero eucaristico dove l’unità tra la liturgia della parola e liturgia eucaristica risalta anche dalla venerazione che la Chiesa ha tributato sia alla parola che al Corpo di Cristo e dal fatto che mai essa procede alla celebrazione del memoriale del Signore senza leggere le Scritture che di lui parlano. Le due fasi celebrative possono considerarsi una sola mensa di Cristo, parola e cibo di vita alle quali la Chiesa si nutre e si rafforza; due momenti in cui la nuova alleanza con Dio viene annunciata e riproposta; due momenti, uno di ascolto e l’altro di offerta, intrinsecamente connessi da formare un unico atto di culto.

- D - Puntuali e ricche sono le affermazioni circa il rapporto tra parola di Dio e la chiesa, considerata nel momento liturgico e nell’attività quotidiana.
La parola di Dio è destinata alla persona e nel nostro caso alla Chiesa convocata in assemblea. Se molteplice è la ricchezza, la risonanza e l’efficacia della parola, molteplice è pure l’atteggiamento, la reazione e il compito della chiesa nei confronti della parola, anche in base ai suoi ministeri.
Vi è in fatti un compito interpretativo, un compito espositivo, un atteggiamento di ascolto e di risposta.

- E - Necessaria è la sottolineatura alla risonanza della parola nella vita proprio a partire dall’ascolto liturgico della medesima. L’ascolto acquista questa capacità di irradiazione per l’intervento dello Spirito. L’azione dello Spirito Santo non solo previene, accompagna e prosegue tutta l’azione liturgica, ma a ciascuno suggerisce nel cuore tutto ciò che nella proclamazione della parola di Dio vien detto per l’intera assemblea dei fedeli. Per intervento dello Spirito la parola è stata messa per iscritto, per il suo intervento la parola diventa fondamento della celebrazione, risuona dagli orecchi al cuore e diventa "norma e sostegno di tutta la vita".

3. PRIMA PARTE DELLE PREMESSE

Fra le tante problematiche affrontate scegliamo quelle più inerenti ai nostri incontri cercando di coglierne le indicazioni pastorali.

A - L’impegno della proclamazione della parola:

diciamo "proclamazione", cioè annuncio solenne, importante, pubblico, di un evento che si trova all’origine dell’incontro, un modo particolare di leggere in una celebrazione che è azione festosa di una comunità che riscopre se stessa ascoltando.

Proclamare equivale propriamente a rendere pubblico, bandire, portare a conoscenza di un’assemblea un messaggio importante e nuovo; ad acclamare, dire a voce sostenuta e solenne il proprio assenso, anzi, la fede nel messaggio e in Colui che lo invia; a rivelare, a rendere noto agli uditori quello che Dio oggi vuol far loro conoscere, perché siano provocati a dare una risposta.

Colui che proclama è un araldo, un credente. La proclamazione è un’azione ministeriale, quasi distaccata, aliena da accenti troppo personali, non passionale né emotiva ma grave e solenne come di un evento; il ministro si proporrà di non mettere in evidenza se stesso o le proprie reazioni ma Colui che parla ora, fare da tramite e non da schermo. Il ministro "lettore" pertanto non si improvvisa: è un "ministro" scelto allo scopo. In sua assenza possono sostituirlo laici "particolarmente idonei e preparati a compiere questo ministero". Idoneità e preparazione che esige una preparazione tecnica e spirituale, cioè una formazione biblica e liturgica nell’inquadrare le letture nel loro contesto e coglierne il senso alla luce della fede, nel percepire il senso e la struttura della liturgia della parola e il suo rapporto con l’Eucaristia.

Non è, per quanto concerne il lettore, questione di sesso o di età, ma di reali capacità di capire ciò che si legge e di farlo capire con il tono della voce, la dizione, l’articolazione delle parole, i ritmi, le pause, il fraseggio, gli stacchi, soprattutto, il rispetto dei vari generi letterari. Ma tutto questo, richiesto dalla natura della parola di Dio proclamata nell’atto liturgico di fronte all’assemblea cui è rivolta, non si può seriamente ottenere da un lettore estemporaneo né tantomeno da bambini. E’ questione di verità, di dignità, di serietà, anzi di fede: è un servizio da rendere all’assemblea, non un favore da concedere al singolo fedele.

B - L’atteggiamento di ascolto da parte dell’Assemblea:

corrisponde alla proclamazione della parola. Sull’ascolto silenzioso ed adorante per poter accogliere e poi aderire alla parola insistono a ripetizione i documenti della riforma liturgica, non per ultimo quello dei Praenotanda che vede nell’ascolto la prima risposta alla parola: "Quando Dio rivolge la sua parola, sempre aspetta una risposta, la quale è un ascolto e un’adorazione in Spirito e verità. E’ infatti lo Spirito Santo che rende efficace la risposta, in modo che ciò che si ascolta nella azione liturgica, si attui poi anche nella vita". Tanto più che "nell’ascolto della parola di Dio si edifica e cresce la Chiesa"; "nella liturgia della parola, per mezzo dell’ascolto della fede, anche oggi l’assemblea dei fedeli accoglie da Dio la parola dell’alleanza e a questa parola deve rispondere con la stessa fede.

Per diventare sempre più popolo della nuova alleanza "bisogna quindi che tutti i fedeli dispongano sempre il loro spirito all’ascolto gioioso della parola di Dio".

Quando si parla di "ascolto" ci si riferisce anche a quello "materiale" che esclude una lettura personale del testo biblico sui libri o foglietti, come del resto è richiesto dalla parola viva, che è mezzo di comunicazione tra due persone, tanto più che nel nostro caso il complesso rituale tende a mettere in evidenza che Dio parla "in questo momento" al suo popolo. Lo stadio parlato della parola è quello originale, mentre lo stadio scritto è posteriore e derivato.

Vi è un valore psicologico nel far risuonare la parola al nostro apparato sensorio da cui arriva alla reazione cosciente interiore.

Diversamente dagli altri libri, la Bibbia contiene una parola detta prima di essere scritta e tale parola viene proclamata direttamente all’assemblea perché ritrovi la sua forza e il timbro originali.

Detta all’assemblea innanzitutto, in quanto Dio si rivolge mediante il lettore al suo popolo, che è un popolo in costante atteggiamento di ascolto (come Israele) e solo attraverso l’assemblea la parola raggiunge il singolo fedele. L’ascolto possiede quindi un valore di tipo psicologico, teologico, comunitario ed è connaturale al carattere della parola biblica per cui è necessario rimuovere tutte le difficoltà pratiche che inducono a una lettura privata durante la proclamazione, snaturando la proclamazione stessa, svalutando la funzione del lettore, isolando il fedele dall’assemblea, estraniandolo dal dialogo diretto che Dio instaura con il suo popolo.

4. SECONDA PARTE DELLE PREMESSE

E’ dedicata alla "struttura e ordinamento delle letture della Messa", molto diffusa, minuziosa e non priva di indicazioni tecniche, ma con spiccata finalità pastorale. Cercheremo di rispondere ad alcuni interrogativi e di sottolineare qualche aspetto di particolare utilità pastorale.

- A - Interrogativi

1 - Il primo riguarda l'opportunità di un ordinamento di letture precostituito e fissoche "taglia" in tanti brani il testo biblico e condiziona o ingabbia le assemblee celebranti, anziché proporre il libro proprio della Bibbia e lasciare libertà allo Spirito e ai singoli pastori di scegliere le pagine in ragione delle circostanze e situazioni proprie delle assemblee.

E’ vero che la Bibbia integrale è stata per molti secoli il libro usato nella celebrazione e che almeno il ripristino del libro dei Vangeli, per gli onori di cui è oggetto, sembra auspicabile, ma esigenze ovvie di ordine pratico portarono prima all’elenco dei brani e poi alla loro raccolta in singoli libri, e infine al loro inserimento nel messale. Un ritorno ai lezionari è apparso indispensabile; la proposta di un ritorno al libro della Bibbia è sembrato impraticabile per tutti.

Un ordinamento fisso di letture, a preferenza di una lettura integrale e di libera scelta, è un dato comune alla sinagoga e alla universale tradizione cristiana, un’eredità che non sarebbe stato da saggi abbandonare. Esso consente per un verso di ovviare a spiacevoli arbìtri, a scelte soggettive e a responsabilità troppo gravose per i singoli presidenti e, per altro verso, di aprire i tesori della Scrittura, di proporre le parti più importanti da conoscere, capaci di nutrire la fede dei cristiani, tenendo conto delle varie celebrazioni. La Bibbia non è presentata come libro da studio, ma come parola da accogliere e da collocare in un preciso contesto liturgico, nella memoria attuale degli eventi salvifici.

2 - Il secondo interrogativo riguarda l’opportunità di partire dalle esigenze attuali (tematiche proprie del nostro tempo, quali la giustizia, la fame, la libertà, la pace, la riconciliazione, la non-violenza, ecc. o richieste dalle situazioni delle singole assemblee per una loro organica formazione) anziché attenersi al quadro storico-biblico, a situazioni del passato. Pur ammettendo una larga possibilità di scelta, specie in particolari circostanze, i Praenotanda ricordano che l’azione liturgica non è per se stessa una forma particolare di catechesi, che i pastori hanno il dovere di essere banditori di tutto il Mistero di Cristo e del suo vangelo, che il popolo di Dio ha un suo diritto spirituale a ricevere con abbondanza il tesoro della parola di Dio, che l’attuale disposizione offre ai fedeli una panoramica di tutta la parola di Dio, che intercorre un legame continuativo tra la storia della salvezza e la celebrazione liturgica, che un identico ordinamento consente a tutti i fedeli di ascoltare ovunque la medesima parola e meditarla nella sua applicazione.

Due esigenze primarie quindi sono state rispettate: il rispetto per il carattere storico della Bibbia e il criterio della lettura semicontinua. La Bibbia non è un insieme di frasi, di immagini, di dottrine ma un’esperienza viva legata a luoghi, tempi, persone, momenti precisi una storia, un’esperienza vissuta e interpretata da testimoni.

Il rispetto per i fedeli che hanno il diritto a una conoscenza completa ed organica della Scrittura, senza riduzioni e strumentalizzazioni, per favorire la maturazione di una fede adulta. D’altra parte non si può dimenticare che quella storia salvifica è ora oggetto della nostra celebrazione, che Dio prende sempre per primo l’iniziativa di rivolgerci la sua parola, che la Bibbia non è un repertorio cui si ricorre per risolvere le nostre questioni, ma una vicenda normativa che illumina e giudica e trasforma la nostra vita.

- B - Criteri di scelta delle Letture

Il Lezionario delle domeniche e feste, oggetto del maggiore impegno in quanto destinato alla maggioranza dei fedeli con il proposito di offrire loro le parti più importanti della Scrittura, si caratterizza per tre criteri

1 - Scelta di tre Letture: è stata dettata non tanto da un ritorno all’antica tradizione perfino romana, quanto dal desiderio di mettere in luce l’unità dei due Testamenti e la continuità della storia salvifica: annunciata e abbozzata nell’Antico testamento essa raggiunge la realizzazione nella Pasqua di Cristo e, mediante la predicazione apostolica, tutte le generazioni umane. Era il solo modo per far conoscere a tutti i fedeli un certo numero di testi fondamentali nell’Antico testamento cui fa riferimento il Nuovo Testamento alla luce del quale vengono letti. Non era ammissibile ridurre la Bibbia a una sola parte, essendo tutta intera parola di Dio e risultando incomprensibile l’azione salvifica avulsa dal suo svolgimento storico e contesto logico.

2 - Scelta del Ciclo triennale: l’indeterminatezza del Concilio sul numero di anni nei quali si dovevano offrire "le parti più importanti" della Scrittura" fu risolta scartando un ciclo biennale perché insufficiente e il ciclo quadriennale perché eccessivo. Con la soluzione di un ciclo triennale si è offerta la possibilità di una lettura quasi integrale del Nuovo testamento (per ogni anno uno dei Vangeli sinottici) e buona parte dell’Antico testamento.

3 - Rapporto tra le Letture: più delicato, con implicazioni di ordine biblico e catechetico, il rapporto tra le varie letture che è stato risolto in base a due criteri: la concordanza tematica e la lettura semicontinua. Il criterio della concordanza tematica è stato adottato tra la lettura anticotestamentaria e il Vangelo e, nei tempi forti di Avvento, Natale, Quaresima e Pasqua tra le varie Letture delle Messe. Una concordanza non artificiosa o arbitraria ma che trova riscontro negli insegnamenti e nei fatti relativi tra loro nei due Testamenti. Invece per le domeniche del tempo ordinario, mentre la prima lettura è in accordo con il Vangelo, la seconda lettura è scelta secondo il criterio della lettura semicontinua, il libro viene letto di seguito per varie domeniche, con l’omissione di quei brani con interesse meno evidente o di particolare difficoltà. Cosicché in queste domeniche si hanno due linee, una orizzontale tra la lettura anticotestamentaria e il Vangelo, e una verticale per la lettura dell’Apostolo.

Al di sopra di tutto sta il fatto che l’unità si ha in Cristo, termine e compimento della Scrittura, il cui mistero pasquale è attualizzato in ogni celebrazione. Gli accostamenti artificiosi oggi non soddisfano né le esigenze della cultura biblica né della sana teologia, né tantomeno della liturgia per cui non dovrebbero trovare credito assoluto nell’omelia, la quale non è obbligata a comporre in unità tutte le letture. Nelle domeniche ordinarie si può scegliere fra la lettura dell’Apostolo e le due dell’Antico Testamento e del Vangelo. Il rapporto tra queste è reso possibile e visibile dai titoli posti all’inizio che costituiscono in ogni caso la chiave di lettura e di interpretazione, l’angolatura che nella celebrazione si intende mettere in evidenza. Per cogliere il tema dominante proposto dal lezionario occorrerà partire dal brano evangelico che è la scelta primaria, facendo attenzione al titolo che la precede, quindi passare alla lettura veterotestamentaria, di cui ancora il titolo indica l’aspetto particolare infine, nei tempi forti, si procederà al messaggio proprio e integrativo della seconda lettura.

Il problema per l’uso pastorale del lezionario domenicale sembra esaurirsi nel rapporto tra le letture ai fini di una efficace predicazione omiletica. Il problema esiste ma non conviene esasperarlo. L’omelia è un momento in cui la parola viene attualizzata, ma non è l’unico: essa resta comunque a servizio della parola di Dio proclamata e non viceversa. La parola prosegue il suo cammino e la sua attualizzazione nel contesto celebrativo nella risposta di fede con il canto e la preghiera e nello stesso rito sacramentale o mistero celebrato. La presenza della parola nella celebrazione non ha come scopo esclusivo il commento omiletico: è e rimane finalizzata all’intera celebrazione, è scelta e intimamente collegata al mistero di Cristo celebrato nel rito, dà senso e verità alla celebrazione. E’ l’hodie (l’oggi) del mistero di Cristo che gli conferisce forza, attualità e pienezza di significato.

- C - Lezionario feriale

Le osservazioni circa il retto uso del Lezionario domenicale valgono anche per il lezionario feriale e per le celebrazioni dei santi, sia pure in modo meno accentuato. Il Lezionario feriale, proposto per i fedeli che partecipano quotidianamente all’Eucaristia, allo scopo di arricchire la fede, segue un diverso ed autonomo ordinamento che completa quello festivo: un ordinamento annuale per il vangelo, biennale per la prima lettura nel tempo ordinario; un ordinamento proprio per i tempi forti: la concordanza tematica quindi si realizza solo in questi tempi forti, in nessun caso per gli altri giorni feriali.

- D - Scelta delle Letture in forma libera

Non è prevista, salvo casi eccezionali, per le domeniche per non snaturare il carattere di un tempo liturgico e per non interrompere la lettura semicontinua di un libro. Non è consentita ugualmente per i giorni feriali allo scopo di non spezzare l’ordinamento quotidiano dei testi e rendere più difficile la comprensione.

Ma il "sacerdote che celebra con il popolo deve anzitutto preoccuparsi del bene spirituale dei fedeli, evitando di imporre loro i propri gusti. Soprattutto cerchi di non omettere troppo spesso e senza motivo sufficiente le letture assegnate per i singoli giorni dal Lezionario feriale: la Chiesa infatti desidera che venga offerta ai fedeli una mensa più abbondante della parola di Dio".

4. CONCLUSIONE

Una mensa più abbondante della Parola di Dio ecco lo scopo primario del Lezionario.

  • Più abbondante ma proposta in forma graduale, ordinata e organica, tenendo conto delle capacità di recezione da parte dei fedeli e della loro partecipazione più o meno regolare all’eucaristia.

  • Scelta ordinata sempre con esplicito riferimento ai vari aspetti e tempi liturgici dell’unico mistero di Cristo celebrato.

  • Un ordinamento che però intende né mutilare né mortificare l’unità e l’integrità del libro della Parola di Dio ma piuttosto accoglierlo nella sua valenza letteraria e di fede.

Su questi tre pilastri è stato costruito l’ordinamento delle letture, su di essi deve fondarsi l’uso pastorale del medesimo.

 

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